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PATAGONIA: terra di armonie selvagge

Racconti e Articoli di Viaggio

I quaderni di Etnomusicologia sono una sorta di diario di vaggio con aggiunte rilevazioni di tradizioni e altro, e inoltre notizie riferite alla musica dei popoli o dei luoghi visitati, di Giorgio Mancinelli

PATAGONIA: terra di armonie selvagge

Sito o fonte Web: www.larecherche.it (Da "Il canto della terra", trasmissione radiofonica in due puntate messa in onda da RSI -Radio della Svizzera Italiana).

Il primo itinerario proposto alla ricerca etnomusicologica prende avvio da Buenos Aires, tappa necessaria quanto obbligatoria, per proseguire verso la Patagonia e l'estrema punta della Terra del Fuoco: "un ammasso accidentato di sterili rocce, di alte colline e inutili foreste, il tutto avvolto in nebbie ed eterne tempeste" - come ci rivela Paul Theroux (1) lo scrittore che visitò la Patagonia negli anni '80, e che annotò molte osservazioni utili per la conoscenza di questa terra e dei popoli che la abitavano, ancora oggi fonte di scientifica curiosità. "Sapevo che era la parte più vuota dell'America e una delle meno conosciute - e quindi una serra di leggende, mezze verità e cattiva informazione".

Degli antichi abitatori di queste regioni, più conosciuti col nome di indios Fuegini, non rimangono che pochissimi manufatti d'uso quotidiano, il ricordo di alcune usanze arcaiche entrate nella quotidianità, e alcuni nomi riferiti ad abitanti aborigeni. Eppure: "Non appena gli scienziati, come Darwin, grattarono il terreno, trovarono che era un cimitero d'ossa di mammiferi preistorici, alcuni dei quali si pensò fossero ancora viventi. trovarono inoltre foreste pietrificate, laghi effervescenti e colate di ghiaccio azzurro che si addentravano in foreste di faggi". Come ci rivela Bruce Chatwin (2) il viaggiatore che ha fatto della Patagonia un affascinante ed erudito racconto di viaggio.

Sembra che gli aborigeni fossero divisi in almeno due gruppi distinti: il primo includeva i Selk'nam, i Tehuelches e gli Haush che abitavano gli umidi pascoli della Patagonia Orientale; il secondo gruppo, comprendeva gli Yamana, i Chono, e forse gli Ona originari dell'Arcipelago Fuegino che si estende dall'isola di Chiloe a nord, all'isola Navarino a sud, dove cresce una vegetazione di cespugli spinosi e piove per due terzi dell'anno. Diretti discendenti di quelle popolazioni amerindie che verosimilmente vi si stabilirono in tempi molto lontani, vanno certamente menzionati gli Aymara, sparsi nelle provincie montuose di Tarapaca e Antofagasta nell'odierno Chile; i Mapuche conosciuti come il "popolo della terra", circostanziati nell'area rurale detta Araucania, e per questo anche chiamati Araucani; e i Qawashqar, considerati i più antichi abitanti della Terra del Fuoco, che vivevano "ai piedi del mondo", nella regione più a sud del pianeta, e di cui si è quasi perduta memoria.

Ma, mentre si conosce gran parte della cultura degli Aymara, rimasti isolati dalle influenze della civiltà occidentale per lunghissimo tempo, fatto che gli ha permesso di continuare a condurre il loro modo di vita tradizionale; quasi nulla rimane della cultura dei Qawashqar, chiamati anche Alakaluf (ma probabilmente trattasi di una diversa etnia tribale di nomadi navigatori), molto attaccati al proprio territorio, malgrado dovessero costantemente lottare contro l'asprezza dell'ambiente naturale.

Thomas Falkner (3), che visitò la Patagonia nel 1774, riguardo agli aborigeni, annota che: "Sono un popolo innocente e mite (...) si nutrono principalmente di pesce, che si procurano o tuffandosi in acqua o infilzandolo con le fiocine (...) sono lesti di piede e catturano guanachi e struzzi lanciando le loro bocce (bolas)". Charles Darwin (4) ancora nel 1832 parlando dei "patagoni" racconta: "Quando sbarcammo, manifestarono un certo allarme , ma continuarono a parlare e a gesticolare con grande rapidità. Era senz'altro lo spettacolo più curioso e interessante cui avessi mai assistito: non avrei mai creduto che tanto grande fosse la differenza fra l'uomo civile e quello selvaggio; è maggiore di quella fra un animale selvatico e uno domestico, poiché nell'uomo vi è una maggiore capacità di miglioramento. (...) un giorno, mentre ci dirigevamo verso la spiaggia vicina all'isola Wollaston, passammo a fianco di una canoa con sei fuegini. Erano le creature più abiette e miserevoli che avessi mai visto".

Le ragioni della quasi totale estinzione di questi gruppi sono strettamente collegate con l'arrivo degli occidentali sul continente che, a loro volta per sottometterli alla schiavitù, organizzarono il massacro di grandi gruppi di indios, e successivamente, li ridussero alla condizione di miserabili dai trafficanti contrabbandieri per ragioni esclusivamente economiche. Al resto pensò la predisposizione degli indios alle malattie portate dalla civilizzazione e, infine, i violenti tentativi di imporre a questa gente una cultura a loro completamente estranea. Va aggiunto che in questa vasta estensione territoriale, oggi divisa fra gli stati del Chile e dell'Argentina, le risorse naturali non offrivano possibilità allo sviluppo dell'agricoltura o alla lavorazione di terraglie, così come la scarsa vegetazione non ne offriva alla tessitura, pertanto gli autoctoni si dedicavano soprattutto alla caccia e alla pesca in quel grande deposito che le rocce delle coste e le spiagge delle insenature offrivano loro, di elefanti marini, lontre, pinguini, e balene che tiravano a secca nei canali dell'isola.

Visitata nel tempo da navigatori quali Ferdinando Magellano e Alessandro Malaspina, da ricercatori come Charles Darwin e Fitz Roy, descritta da Saint-Exupéry e Joshua Slocum, esaltata da J. Luis Borges e Luis Sepulveda, che oltre ad averne rivelato l'affascinante attrattiva dei luoghi, l'hanno anche straordinariamente definita la terra "al di là dei confini del mondo", consegnandola definitivamente all'immaginazione e alla leggenda, che spinge oggi il ricercatore e lo scienziato, così come il turista o il visitatore, a un costante viaggiare nei luoghi "patagonici": quasi a voler indicare qualcosa di infinito e d'immenso e anche di totalmente esotico e pericolosamente attraente. La definizione è di Hermann Melville (5) che, nel suo romanzo "Moby Dick", l'aggettiva così: "Poi, i mari selvaggi e remoti dov'egli (la balena) voltolava la sua massa simile a un'isola, i pericoli, indescrivibili e senza nome, della caccia: queste cose, con tutte le concomitanti meraviglie di un migliaio di parvenze e suoni patagonici s'aggiungevano a spingermi al mio desiderio" e - aggiungerei - ad andare oltre. Non ci rimane, quindi, che avventurarci in questa irrealtà di parvenze e suoni al pari di quei "viaggiatori letterari", come amava definirsi Bruce Chatwin, e cercare di comprendere ciò che resta dell'antica cultura musicale, (poiché questo è il nostro scopo di ricerca), degli strumenti e dei canti originari della Terra del Fuoco tanto lontana quanto mostruosamente straordinaria: "il punto oltre il quale non è dato andare"... continua "PATAGONIA: terra di armonie selvagge" (Pubblicato il 30 dicembre 2011) - Letture Totali 143 volte - Torna indietro



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