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Come Mohamed mi battezzò Robo Gabr'Aoun

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Emozioni e Itinerari di un uomo a spasso per il Sahara, di Robo Gabr'Aoun - Inviato il 18 luglio 2009 da Robo GabrAoun.

Come Mohamed mi battezzò Robo Gabr'Aoun

Con alcuni amici stiamo compiendo una impegnativa traversata di circa 200 km di dune alte tra Brak e Germa. Abbiamo già superato i laghi del nord, nella regione di Tademka, e ci stiamo avvicinando all’immenso Afrath a nord del lago di Gabraoun. Ho appena vissuto una situazione pericolosissima, dovuta ad un mio errore di valutazione: superato un difficile passaggio ho rischiato il capottamento andando a fermarmi troppo a ridosso di un immenso imbuto eolico facendo franare la sabbia e ritrovandomi con la macchina paurosamente inclinata sul lato e le ruote a monte praticamente sollevate… Per fortuna l'emergenza è rientrata. Sono scosso e stanco, ma ormai siamo quasi alla meta. Il GPS segna il punto del lago a meno di un chilometro, resta un solo grande cordone da superare.

Prendo la rincorsa su una piccola spianata, senza nemmeno spingere troppo dato il crestino relativamente basso da superare. Ai piedi dello zoccolo della duna, il muso affonda di colpo come in un buco e mi ritrovo piantato in un attimo in una nuvola di polvere bianca: fech fech. Metto la retro, ma pattino. Piastre, pala e sono fuori. Poco male: mi terrò più a lato. Ritorno al margine opposto della piana e ritento, una decina di metri ad ovest rispetto al precedente tentativo. Non arrivo nemmeno ai piedi del sif che sono di nuovo annegato nella sabbia, ancora più profondamente. Questa volta le piastre scompaiono appena accelero e per uscire dalla buca mi debbono trainare all’indietro con grande fatica, nonostante io dia una mano accelerando praticamente a manetta. Da questo momento in poi i tentativi non li conto più. Non c’è uscita, la macchina non riesce a salire, ed il disco frizione è praticamente al limite della fusione: l’odore di ferodo bruciato riempie la spianata, e il motorone di Camilla sembra essere sfiancato…

Sono circa tre ore che tento e sta calando la sera. Dal sif di fronte a me si vede il palmeto del lago di Gabraoun, ad un tiro di sasso verso sud… stiamo prendendo in considerazione l’idea di accamparci nella zona del fech fech e ritentare domattina, visto che il buio si sta facendo fitto… Sono a terra, fisicamente e moralmente, e penso che Camilla sia davvero alla fine. Passo dagli insulti più mostruosi alle suppliche più amorevoli nei suoi confronti, e tento e ritento, vado avanti ed indietro come una marionetta, con il tanfo di bruciato che permea tutto l’abitacolo, e quando il motore urla a 4000 giri urlo anch’io, e quando scende di giri, inesorabile, fino a morire nella morsa del fech fech mollo anch’io, mi accascio sul sedile come un palloncino a cui viene tolta l’aria… Poi, di colpo, tutto si risolve. Si passa. Camilla sale e finalmente apriamo le tende oltre il massiccio, a qualche decina di metri a monte del lago, ancora lontani dalle acque, ma oltre il muro di sabbia. Quando si spengono i motori è notte fonda: l'orologio segna le 22 e 30.

Sono affranto e preoccupato, anche se di lì in poi la via è relativamente facile e senza gravi dislivelli da affrontare… La cena rinfranca tutti ed il morale risale, anche se l’odore di frizione in agonia continua a persistere in tutto il campo… Intorno al fuoco Mohamed mi racconta la storia di Gabraoun, il villaggio sul lago e suo paese natio. Aoun, leggendario capostipite dei Dawada, uomo santo, alla morte venne sepolto sotto la grande duna ad est del lago (Gabr‘Aoun in arabo significa Dimora di Aoun). La zona del lago di conseguenza è diventata sacra, un’oasi marabuttica, e Aoun ne è il Santo Protettore. Poi Mahamed mi guarda col suo viso tondo e nerissimo e mi fa capire che Aoun mi ha benedetto ed ha fatto sì che in quella buca di sabbia molle le cose andassero a lieto fine perché conscio del mio amore per la sua Terra… Poi, con faccia serissima, si mette a mimare l’azione del guidare un’auto, con tanto di rumore del motore. Mima con estremo realismo la salita verso un sif, il "remare" con l’avantreno per raddoppiare la presa anche nella cedevole sabbia della cresta, e poi si pianta fino ai ponti. Mima talmente bene che davvero pare di essere di nuovo in quella maledetta piana e non intorno al fuoco a bere il tè… Mima i miei improperi, la mia disperazione, la mia gioia… poi mi guarda con un sorriso che abbaglia nel nero della notte e con occhi luccicanti mi mette la mano sulla spalla dicendo "Robo Gabr’Aoun", "Robo Gabr’Aoun Disco". Ed esplode in una risata meravigliosa… Disco in libico rappresenta la frizione: è chiaro che mi sta prendendo in giro, ma lo fa con bonarietà, ed io lo accetto: in fondo è vero che la mia frizione è praticamente defunta!

Il mattino successivo non sono più Roby, ma RoboGabr’Aoun, per tutti… E da allora questo nome mi accompagna.

Qualche giorno dopo, nell’Edeyen Murzuq, proprio sulla perpendicolare al sito di Mathendousc, Mohamed si pianterà malamente con la sua Toyota nella rossa ed insidiosa sabbia di questo grande Erg al confine meridionale della Libia… Chiaramente io non perderò occasione di nominarlo "Mohamed Mathendousc" in onore di questo suo tentativo di scavare un tunnel sotterraneo in Murzuq utilizzando il suo Land Cruiser come sommergibile da sabbia!!!!! (Pubblicato il 18 luglio 2009) - Letture Totali 140 volte - Torna indietro



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