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Il magazzino delle nuvole

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Ad Amtoudi, verso Agadir, si trova a parere di Alighiero Adiansi Il magazzino delle nuvole,uno di quei luoghi sconosciuti capaci di fare la fortuna di un viaggio in Marocco. - Inviato il 17 marzo 2004 da Alighiero Adiansi.

Il magazzino delle nuvole

Sito o fonte Web: web.tiscali.it/alitour/ A Foum el Hisn invece di andare giù ad Assa tirate diritto verso Bouzakarne. Non è una macelleria mussulmana, ma il paese dove s'incrocia la strada che da Tangeri porta in Mauritania, se vogliamo prenderla larga, o da Agadir porta a Goulimine se la prendiamo stretta. Un centinaio di chilometri prima del bivio, dopo un bel po' di panorama desolato, sulla destra vedrete un mucchio di palme impolverate e, sulla sinistra, l'unico albergo-ristorante di Taghjicht. A scanso di equivoci, l'hotel si chiama Hotel e la hall, grande il doppio del parcheggio è più spoglia di una pornostar sotto la doccia se non fosse per i quadri alle pareti. Il proprietario è un vecchio d'impettita magrezza che si degna di farsi vedere solo un quarto d'ora dopo che siamo entrati. Abbiamo avuto il tempo di imparare a memoria i quadri che, per inciso, sono i suoi. E non bastassero i quadri, le pareti del patio attorno al quale si aprono le camere, sono coperte da murales naif di pregevole fattura.

- Spagnoli? - fa il vecchietto, che ha la testa coperta da una berretta di lana col pon-pon spiovente sulla nuca.
- Italiani. - Sembra deluso. Cosa diavolo hanno gli spagnoli più di noi?
- Come mai nel vostro paese la cultura sta sparendo? - domanda a bruciapelo strascicando un po' le parole per cui posso fingere di non aver capito.
- Scusi? - rispondo. La domanda mi ha completamente spiazzato.
- Da quanti anni non fate più un film decente? Dove sono finiti i Fellini, i Pasolini, i DeSica ? -
- Ehmmm, beh effettivamente... - Non ho il coraggio di dirgli che sono tutti morti.
- E leggete anche voi quei romanzoni americani scritti dai computer? Dove sono i Pavese, i Fenoglio, i Calvino, i Pirandello? -
Tutti morti anche questi!, ma come dirglielo? - Beh qualcosa di Pavese -
- La televisione ha rovinato tutto, non c'è più tempo per pensare, per sognare... Brutta storia, solo politica, comici, calcio, è una rovina... -
- Eh sì. a ragione.
- Metta almeno la acca -
- Eh sì, ha ragione! - ma quella parabola sul tetto cosa ci sta a fare? Lasciamo perdere.... - Senta noi vorremmo andare... -
- All'Agadir. Lo so, lo so, tutti vengono per l'Agadir - Si avvicina ad uno dei quadri, quello di fianco alla reception. Non è un quadro ma la cartina della zona, però fatta a mano, per cui è come un quadro. - Ecco! Voi siete qui... Dovete tornare indietro una decina di chilometri. C'è una deviazione a sinistra, la seconda non la prima. C'è il cartello, seguite la pista per 26 chilometri e arrivate sotto l'Agadir. -
- Ho capito grazie. Ci vediamo allora di cena! - dopo potremmo vedere qualcosa alla tivù, che ne so Carramba.

Quattordici chilometri dopo, ecco la deviazione per Amtoudi. La pista è larghissima. L'impressione è che siamo tra gli ultimi a trovarla sterrata, poi è una corsa contro il sole. I sassolini della pista sembrano una grandinata sulla carrozzeria della Uno. Zigzaghiamo tra le pietre più grosse evitandole quasi tutte, gli occhi fissi nello specchietto per controllare che l'avversario non ci preceda all'orizzonte. A circa metà strada, attraversiamo un paese. Lo intuiamo più che vederlo: due mesi dopo gli abitanti si stanno ancora spazzolando i vestiti con la certezza di aver visto la Parigi-Dakar. Il paesaggio continua ad essere monotono, deludente: sassi, pietre e qualche increspatura all'orizzonte. Abbiamo percorso più di venti chilometri e si dovrebbe vedere qualcosa mentre il sole sembra scendere più veloce del solito. Pian piano l'increspatura s'ingrandisce, s'innalza, diventa una roccia, una montagna di roccia, una costruzione su una montagna di roccia. Lo sguardo vaga dallo specchietto alla montagna, così passo sopra una pietra in mezzo alla strada e ci troviamo senza marmitta, ma la strada è finita, e la marmitta non è indispensabile. Parcheggiamo fuori dal campeggio e ci buttiamo dietro la guida, Ali, che è già sul sentiero verso l'Agadir con due ragazze olandesi che viste da dietro sembrano due tramonti. Davanti a noi, sull'altra riva del wadi, un mucchio di case di pietra e una piccola moschea si confonderebbero tra le rocce se non fosse per la gente incuriosita.

Appena imbocco il sentiero, un po' in ritardo rispetto agli altri, una bambina mi offre un mazzetto di fiori profumati e la mano per farmi da guida. Attraversiamo il villaggio. Alcuni uomini osservano seduti per terra fuori da un edificio che potrebbe essere la moschea o il bar. Tre donne avvolte in ampi grembiuli neri con scialli colorati, chiacchierano sedute sul muretto: una sferruzza, una allatta, una allunga la mano, ma tutte sorridono. Sopra i tetti, il sentiero s'impenna verso il cielo dopo un ampio tornante. Sotto di noi, il paesaggio è bellissimo. Il sole è basso (l'abbiamo fregato in volata), la falaise, le case, la montagna e la valle sono rossi, il canyon ornato di palme si perde nel buio tra le montagne. In cielo s'allunga l'ombra dello sperone con l'Agadir sospeso nel vuoto, davanti la valle sfuma infinita nel tramonto. Non è magico?!

Il panorama mi blocca a metà del sentiero. Inutile arrivare in cima. La bambina mi guarda con aria interrogativa. Non capisce cosa ci sia di bello nelle case diroccate, nei fiumi secchi, nella miseria di ogni giorno e, sedendo accanto a me, con un francese stentato, ma comunque migliore del mio inglese, racconta che lassù nel granaio sono racchiuse tutte le nuvole, che è per questo che il cielo è sempre sereno. Quando la siccità esagera, il vecchio custode dell'Agadir, va su con la pesante, enorme chiave, spalanca le porte del granaio e lascia uscire un po' delle nuvole che vi sono ammucchiate, quanto basta per innaffiare la valle, poi richiude per non farle scappare tutte.
- Ora andiamo su? -
- No, ormai è quasi buio, e qui è molto bello. -
- Capito! Tu un po' vecchio" Io salgo dieci volte al giorno... -
- Senti bimba, non sai con chi stai parlando. Daì daì, aria, scendere! Scendere muy rapidamente che vien buio, forza! Parlare meno e camminare! -
- Troppo vecchio! - borbotta sghignazzando fino alla fine del sentiero.
- Bimba! Ehi bimba!? Dieci dirham se dici a tutti che sono arrivato in cima. Oui... ouì... venti va bene -
Veramente magico, un posto magico! (Pubblicato il 17 marzo 2004) - Letture Totali 63 volte - Torna indietro



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