Yamaye. Un viaggio in Giamaica

Un libro scritto da un diplomatico con larga esperienza giornalistica. L’autore, già ambasciatore in Giamaica, narra di quest’isola caraibica con l’avvertenza che non si tratta di una guida turistica, né di uno studio sulla Giamaica, né della sua storia. Ma di un semplice ritratto dell’isola, dei suoi abitanti e della vita che vi conducono residenti e ospiti provvisori, tutti avvolti in un’atmosfera particolare e affascinante. Affascinante la rievocazione di Port Royal, la base dei pirati e sede del governo coloniale nel ‘600, unificati con la nomina a Governatore della Giamaica del capo dei bucanieri, Henry Morgan. Epoca che finisce col grande terremoto e maremoto del 1692 che sprofondò Port Royal sott’acqua.

Ma la storia vera della Giamaica - dicono professori e studenti della University of the West Indies (l’università delle Indie occidentali, la più importante dei Caraibi e della America centrale) - ha le sue radici in Africa e, con orgoglio, i giamaicani rivendicano cultura e tradizioni africane. Tanto che visitatori frettolosi scoprono “un razzismo alla rovescia”. E’ che all’orgoglio africano si è unita l’educazione britannica: comportamento riservato, dialogo convenzionale, una certa “pruderie”. La combinazione di questi due condizionamenti produce strani effetti: ragazze disponibilissime che fanno la riverenza alle persone di una certa età. Ma, a parte manifestazioni superficiali del genere, la sostanza è un popolo discendente da schiavi africani mescolato senza complessi agli antichi colonizzatori, a centinaia di migliaia di sopravvenuti da altre parti dell’impero britannico come cinesi, indiani, gente del Vicino Oriente e Mediterraneo, ebrei spagnoli (commovente la visita all’antica, bianca sinagoga di Kingston).

E poi il movimento Rastafariano il cui profeta e sovrano, al limite del divino, è Ras Tafari, duca di Harrar, poi Negus Neghesti d’Etiopia, Ailé Selassié, ben noto per altri motivi agli italiani. E del più noto “rasta”, cantautore di Reggae, Bob Marley, possiamo seguire quasi in pellegrinaggio la breve esistenza (morì a 36 anni). E’ dunque una Giamaica non solo sconosciuta ai turisti, quella di cui si narra in questo libro, ma anche originale rispetto agli altri luoghi dei Caraibi. Intanto la natura: dagli oltre duemila metri di quota delle Montagne Azzurre (magnifica una visita alla piantagione di un grande produttore di Blue Mountains Coffee, fornitore degli Agnelli) alla Laguna Blu, dove nuotava nell’omonimo film Brooke Shields. E poi la società che gravita intorno a famosi circoli sportivi, come il Ciukka club, di polo e il Royal Jamaica Yacht club.

Kingston, ma non solo la capitale, è sede di associazioni e fondazioni culturali, molto godibili, come la Dance Theatre Company of Jamaica che ha ricostruito famose danze dell’Africa occidentale, come la Cumina, al limite fra arte e magia. Accurate, nel libro, le descrizioni delle serate culturali, dove facilmente si coniugano lettura di poesie in patois - l’inglese parlato sul posto - a musica Jazz di maestri del genere, giamaicani ben conosciuti negli Stati Uniti, come Monty Alexander. Con modestia, l’autore ha scritto un libro di viaggi, colto, ma leggero e ci ha raccontato un piccolo mondo, crocevia di molte culture (africana britannica, caraibica). Tutto da leggere per viaggiare comodamente seduti in poltrona.... a meno che, dopo averlo letto, non si decida di andare a conoscerlo di persona. (Pubblicato il 24 febbraio 2004) - Letture Totali 80 volte - Torna indietro

Ti è stato utile (ti è piaciuto) questo contributo? Votalo!