Gli dei abitano qui


Inserito il: 14/10/2004 da Maria Rapisardi
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Come Sudra, egli è legato alla sua casta per sempre, e lo stesso la sua futura progenie: non potrà mai unirsi in matrimonio ad una ragazza di casta superiore, non potrà mai pregare se non nel tempio dei Sudra, e tutta la sua vita sarà regolata e limitata a tutto ciò che la sua casta prevede e permette. Per i suoi genitori, che ancora coltivano la terra, è stato ovviamente lo stesso. L’impossibilità di poter aspirare ad un balzo sociale ci pare un fatto inaccettabile, una intollerabile limitazione alla libertà personale, ancora di più perché Lupo è intelligente, conosce italiano e inglese, ha modi educati... Difficile pensare che ha già raggiunto il massimo facendo da guida ai turisti.

Ammette di desiderare di più, cosa che preoccupa i suoi genitori. Sono orgogliosi di lui, ma a volte temono che voglia strafare. Non devono temere, dice Lupo, lui conosce le regole. Non vuole infrangerle. E’ grato agli dei che gli hanno dato la possibilità di studiare, di non continuare a fare solo il contadino, ma conosce i suoi limiti e certamente non andrà contro le tradizioni induiste. E’ contento, orgoglioso e soddisfatto.

Lupo è un “komang” ossia il terzo figlio maschio. Naian è il primo, neudan il secondo, il quarto ketut. Poi si ricomincia da capo. Mi chiedo cosa succede con 6 figli, come riescono a rivolgersi quello giusto, ma subito Lupo mi rassicura, come se mi avesse letto nel pensiero: hanno anche un nome personale. Ho spedito a Lupo due foto (sono sempre gradite). L’indirizzo mi è costato tempo ed applicazione, ma a parte questo ho scoperto che il suo nome era Ikomang Lupo – Parsa, ovvero la prima parte lo identifica come terzo figlio, la seconda per il nome internazionale che si è scelto e infine la terza per il nome della casata cui appartiene.

I figli maschi sono di importanza vitale per i genitori. Non esiste “pensionamento” e ad essi è affidato il compito di mantenerli ed assisterli nella vecchiaia, fino alla morte, nella casa paterna insieme alla sposa che sarà scelta per loro. Si tratta di una prassi che va scomparendo perché la sposa possono spesso scegliersela da sé. Le spose vanno a vivere nella casa del marito. Pur restando legate affettivamente alla famiglia d’origine, non avranno altri obblighi nei loro confronti. Solo nei confronti dei suoceri.

Per far frequentare ai bimbi la scuola dell’obbligo, i genitori devono pagare un tassa mentre, se si dimostrano particolarmente dotati e portati al proseguimento dello studio, dalle superiori in poi è lo Stato che si accolla le spese per la loro formazione. Mandare i bambini a scuola non è una scelta facile: un balinese guadagna dalle 300 alle 700 mila Rupie mensili, ovvero dai 30 ai 70 US$, gran parte dei quali se ne vanno per pagare l’affitto.

Decine e decine di carrettini e bancarelle ad ogni ora del giorno e spesso anche di notte, offrono riso lessato o arrostito o fritto, spaghetti di soia (ottimi), sughi di verdure speziate e intingoli di pesce o pollo. Si mangia poco e spesso. Giustamente quando si ha appetito. Nelle semplicissime casupole di campagna, dove anche la madre aiuta nei campi, la mattina viene posta una ciotola colma di riso bianco all’ingresso e da lì, chiunque dei familiari, quando vuole, passando può prendersene una manciata. Per Lupo è una manna il fatto di accompagnare noi turisti perché così durante i giri per l’isola può mangiare nei ristoranti pietanze che altrimenti a casa forse gusterebbe solo in occasione di festività.

Mi sono molto interessata alla filosofia induista, alle antichissime tradizioni di Bali, una way of life che non attraversa solo l’esistenza terrena ma anche e soprattutto quella che viene dopo, oltre la morte. Partiamo da vertice: Ida Sanghyang widi wasa è l’unico dio. La trinità (notate qualche analogia?) è formata da Brama, che simboleggia il fuoco, Visnù, l’acqua e Jschiva, l’aria. I templi non si contano. Il più grande ed importante è il Tempio Madre, conosciuto anche come tempio reale di Mengwi. E’ anche il più antico. Posto alle pendici di un vulcano perennemente avvolto da nuvole. E’ composto da tanti templi più piccoli, ognuno dedicato ad una casta. Lupo mi indica quello della sua.

Il Tempio del Lago, sul lago Ulun Danu, sprigiona una magia particolare immerso com’è nell’acqua immobile di un lago vulcanico, con alle spalle la cima cupa di un vulcano inattivo. Si sta svolgendo proprio in quei momenti una cerimonia, una qualche festività di un villaggio (ognuno ha le sue e quindi durante un giro per vari villaggi è possibile verne diverse). Non possiamo entrare, ma una sbirciatina ed una foto dalla soglia ci sono permesse. Donne in variopinti vestiti della festa portano sul capo cesti colmi di frutta che il sacerdote benedirà. Dopo la benedizione verranno portati nuovamente nelle case dove verranno consumati. Un cartello ben visibile informa che non è permesso varcare la soglia del tempio alle donne in periodo mestruale. Altra piccola spina per me donna europea!

Nel parco vicino al tempio di Kehen, che conta oltre 300 anni di storia, sorge un enorme Ficus Benjamin, vecchio di 400 anni. E’ diventato un albero sacro ed il suo tronco è avvolto da drappi bianchi e gialli. Penso al mio Ficus a casa, in giardino che sta crescendo: è già alto quasi 2 metri e sorrido. Non lo vedrò certo mai così immenso.

Il Tempio del Mare, Tanah Lot, sorge su un cucuzzolo di scoglio sulla costa bagnata dall’Oceano Indiano. Collegato all’isola durante la bassa marea, con l’alta marea lo si può raggiunge solo in barca. Le onde sono piuttosto forti, e si sta erigendo un diga per fermarle, per scongiurare l’erosione naturale. Sarebbe un vero peccato se andasse perso.     continua "Gli dei abitano qui"

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