Gli dei abitano qui: Terza Parte

C’è anche un Tempio dove vivono migliaia di scimmie in libertà - scimmie sacre che sono le guardiane del tempio - la cui visita costa solo le poche rupie per comprare cibo da offrire. Una sale sulla mia spalla: di certo è la più golosa. Ha il pelo morbido, setoso e stranamente odora di pulito. Più lontani, appollaiati a testa in giù, vedo giganteschi pipistrelli che ogni tanto allargano le ali in brevi voli. Non mi sono molto simpatici ed è un bene che siano lontani, ma poi entro nella grotta dei pipistrelli. Sono decine di migliaia i pipistrelli attaccati alla roccia mentre ci avviciniamo dopo avere indossato un nastro bianco in vita in onore del dio pipistrello. Lupo racconta che la grotta si estende sotto la collina per chilometri. Solo i sacerdoti possono entrarci durante le cerimonie, e a me fa piacere. Nemmeno l’odore era invitante… A proposito, i sacerdoti indù sono tutti ultra settantenni! Si ritiene che a quell’età abbiano superato il richiamo dei sensi e possano quindi dedicarsi completamente al culto. Possono essere sposati con figli, ciò non ha importanza purché abbiano vissuto nel pieno rispetto della religione e delle tradizioni induiste.

Un giorno, attraversando un villaggio, ci siamo imbattuti in uno sconcertante corteo di uomini e donne con lunghe camice nere e gonne multicolori. Un gruppo di uomini reggeva alto sopra le teste un fagotto avvolto in una stuoia ed avanzava barcollando e zigzagando accompagnato da un suono monotono di tamburi mentre un idrante li bagnava e inzuppava sistematicamente. Si trattava, lo avrete già immaginato, di una funzione funebre. Quell’avanzare così strano, da ubriachi, serve a confondere gli spiriti del male che così non potranno “localizzare” l’anima del morto per impossessarsene. La cremazione della salma sarebbe avvenuta in un secondo tempo, quando la famiglia avrebbe racimolato il denaro sufficiente per il sacerdote, i fiori, il rinfresco e il Sacerdote avesse di conseguenza fissato i il giorno più propizio affinché le ceneri del defunto sparse nell’acqua trovassero la giusta pace e lo stesso si potesse reincarnare degnamente.

Un altro giorno abbiamo mangiato in un ristorante affacciato sulle risaie a terrazzo. Quanta fatica debbono essere costate e ancora costa realizzare simili capolavori che creano un paesaggio armonioso e meraviglioso che pacifica i sensi al solo vederlo. Non si notano quasi le esili figure chine ed altre con enormi carichi sul capo che camminano con passo quasi regale verso casupole di fango e foglie di palme.

I giorni in cui non abbiamo impegni con Lupo trascorrono pigramente ed in perfetta sintonia con la natura. Bagni di mare, visite ai ristoranti e la sera giri pigri per il centro commerciale immerso in un tripudio di verde e di silenzio. Tutto è curatissimo. Poco lontano scopriamo pure un centro ospedaliero. Non ci necessita, ma esclusiva e di certo molto costosa. Anche se siamo quasi certi che sia a esclusivo beneficio di turisti e ricchi del luogo, ci meravigliamo per quell’aria di efficienza che emana.

Sei mesi più tardi, Bali e in particolare un locale notturno a pochi metri dal nostro albergo, sarebbe stata travolta da terrore. La mia prima reazione fu un senso di rifiuto di fronte a quell’atto così inumano, poi subentrò una terribile tristezza e infine il grido interiore di condanna senza pietà ad ogni atto contro la vita. Ovunque. Comunque. In ogni caso, non esiterei a tornarci. Il popolo di Bali non merita che lo si abbandoni.

Dopo 15 giorni di vita balinese, partiamo per un breve soggiorno a Lombock, l’isola dei gechi. Arriviamo dopo circa due ore di navigazione, una traversata bellissima nonostante il mare si ingrossi. Per evitare un’alzataccia il giorno del ritorno, alloggiamo non lontano dall’aereoporto. Forse non abbiamo vissuto la parte più bella di quest’isola, ma a me piacque anche per il fatto che l’ultima delle quattro notti che vi passammo fu allietata da ben tre incursioni di gechi.

- Hallo boy, there is a geko in my appartment! - Sorry Madam we will be there in few minutes..

La cattura dei gechi da parte dei boy è lunga, ma proficua. Mobili che si spostano, rincorse velocissime. Uno straccio per staccare con forza le ventose delle zampe dal muro, poi la loro liberazione nella rigogliosa vegetazione immersa nel buio. Debbono vivere perché sono innocui. Sono solo curiosi. Uno, abbastanza grande, si era infilato nel cestino della carta straccia. Solo il rumore mi ha insospettita. Quante risate, mentre relegata sul letto seguo la cattura.

Ci si addormenta verso le due di notte e la sveglia è alle sei! Si ritorna a Bali, ma non senza aver gustato un enorme porzione di gamberi ed aragoste freschissime a prezzi per noi stracciati presso il ristorante della spiaggia. Ho anche raccolto bellissimi coralli lungo la spiaggia bagnata dalle impetuose onde dell’Oceano Indiano, persino uno azzurro che ora fa bella mostra di sé, proprio davanti ai miei occhi. E la mia mente ricorda…

Torniamo a Bali con un bimotore ad elica. Ha visto tempi migliori, ma a me piace perché mi dà il senso del volo. I nostri compagni di viaggio sono per la maggior parte gente del luogo: fagotti informi, chiacchiericcio, più coraggiosi di molti dei miei connazionali visto che voliamo quasi a pelo dell’acqua. Meno male che il senso dell’avventura ha il sopravvento. E’ l’inizio di un lungo viaggio attraverso Bali e Bangkok fino a Fiumicino. Arriviamo un po’, o molto, sfasati. La prossima volta faremo uno scalo riposante a Bangkok. Sbagliando si impara. Altre mete ci attendono: sempre nuove, ma Bali e la sua religiosità con la gaiezza e la semplicità della sua gente, mi è rimasta nel cuore!

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