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Cambogia. Per le strade di Phnom Penh


Inserito il: 30/10/2007 da Claudio Montalti
Email: claudiomontalti@gmail.com
Sito web: http://www.claudiomontalti.net
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Penso che la mia visione globale del Mondo sia stato irreversibilmente modificata dal mio viaggio in Cambogia. In Cambogia tutto mi è sembrato più vero, a cominciare dai paesaggi per finire alle persone, al loro modo diprendere la vita. E' stata infatti la semplice quotidianità a colpirmi fin dal momento in cui sono entrato nel paese. Nonostante i paesaggi, le giungle, i campi di riso e i villaggi che ho calpestato e sono stati un piacere per gli occhi e per l'anima tanto sembrano usciti da un altro tempo, nonostante la navigazione lungo la costa del Tonle Sap, il grande mare interno, nonostante l'aria di avventura che ho respirato ad ogni passo perché andare da un punto a un altro del Paese era sempre una spedizione (un trasferimento via terra di 250 km può portare via 15 ore in autobus, e più facilmente due intere giornate), e nonostante la splendida Angkor Wat, città testimone del grandioso passato Khmer, un mondo a sé, un mix fiabesco di giungle, liane, pietre e polvere, una gigantesca Atlantide tropicale in cui ogni singola pietra racchiude un'energia misteriosa quanto perfettamente avvertibile, sito splendido e solo in parte deludente perché è visitatissimo e già di mattina presto - a causa delle famose albe - sono centinaia i turisti in attesa nei punti migliori con tutto quel che ne consegue (solo con molto impegno sono riescito a trovare un piccolo e silenzioso angolo tutto per me), io non ho dubbi nell'assegnare a Phnom Penh l'oscar della sorpresa e della scoperta, lo status di ciliegina sulla torta di un viaggio magnifico.

In un Paese in cui nessun particolare del vivere quotidiano è davvero nascosto al visitatore, in cui -credo - chiunque possa riuscire ad apprezzare velocemente le particolarità dell'ambiente, la capitale è stato il di più che non mi aspettavo. Meravigliosa, terribile, affascinante, paurosa e qualche volta disgustosa, Phnom Penh è un torrente di emozioni in sé. Non vi è mai stato nulla di lontanamente paragonabile nei miei viaggi ai contrasti sorprendenti tra le persone, il sorriso ed il loro ambiente.

A Phnom Penh mi sono potuto riposare dai numerosi e stancanti trasferimenti in autobus. A Phnom Penh ho potuto intendere in ogni secondo della giornata, in ogni metro della città perché la Cambogia è chiamata il Paese di Sorriso. A Phnom Penh ho visto bambini giocare in mezzo all'immondizia, gente comune razzolare e recuperare tra i rifiuti di vie incredibilmente sporche il necessario alla ospravvivenza, eppure in nessun modo e in nessun momento quelle scene mi hanno scioccato, oppresso, scandalizzato. C'era allegria nei piccoli ed estrema dignità negli adulti.

A Phnom Penh, ogni passeggiata è stata ricca di scoperte. La miseria appare a ogni angolo, come i profughi che a migliaia vivono in condizioni precarie, ma nessuno di loro manca di regalare un grande sorriso allo straniero che incrocia il loro sguardo. Malgrado i numerosi e ben visibili problemi, la joie de vivre è più forte di tutto e tutti, illumina ogni piazza, via, anfratto, persona. Non sono i templi o il Palace le vere attrazioni della capitale, ma la sua gente, le normali scene quotidiane.

Ho apprezzato la gentilezza estrema delle persone, sono stato letteralmente ipnotizzato, ammaliato, circuito dalla loro vivacità. Ho parlato e riso con chi è stato rinchiuse per mesi nella terribile Tuol Seng, e dopo avere visitato la ex scuola trasformata in diabolica ed efferata macchina per la tortura di massa, oggi un museo che mi ha lasciato con mille domande senza risposta e più nessuna fiducia nell'uomo in genere, mi sono chiesto come facesse. Ho parlato e riso con l'unico sopravvissuto di una famiglia di otto elementi, una delle tante, interamente assassinate nel Choeung Ek, un campo di concentramento più tristamente noto col nome di "Killing Fields" (Campi di sterminio), nome che ha ispirato il titolo di un famoso film.     continua "Cambogia. Per le strade di Phnom Penh"

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