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Il dono del TOSCANO

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Emozioni e Itinerari di un uomo a spasso per il Sahara, tratto da "La   Sabbia  è  in  me" di  Robo Gabr' Aoun - Inviato il 04 luglio 2008 da Robo GabrAoun.

Il dono del TOSCANO

Con la mia moto eravamo giunti a Tamerza provenendo dalla pista di Moulares-Metlaoui… Ci eravamo accampati al Les Cascades, un piccolo hotel proprio sui margini del oued in cui scorre l’acqua della piccola cascatella dell’oasi. Ricordo che la sera, dopo l’ottima cena consumata sotto le palme, su tavole illuminate da semplici candele, il caldo era davvero impressionante… Avevamo trasferito in cortile le brande dai bungalows con l’idea di pernottare all’aperto. Nel campo c’eravamo soltanto noi…
Il primo ospite fu Lulù, un piccolo cane bianco dal muso spropositatamente lungo, tenerissimo, che divenne la nostra ombra. Poi arrivò il Toscano, un ragazzo sui vent’anni, spigliato, con una chioma sconvolta e corvina… Ricordo che appena mi arrivò accanto esordì con un: "Sono una guida sahariana, mi chiamano il Toscano e sono la guida Tunisina di Roberto Cattone…"

Il noto giornalista-organizzatore di viaggi avventura, che conosco, ovviamente non aveva niente a che fare con questo ragazzotto, tanto più che le Edizioni Road Book scritte dallo stesso circa la Tunisia erano state pubblicate almeno un decennio prima… e non credevo che Cattone si fosse mai affidato a guide di dieci anni! Il suo soprannome era dovuto al buon italiano che parlava, con qualche inflessione toscana… Ci chiese da dove provenivamo e dove avevamo intenzione di andare… Quando gli dissi della via che intendevo seguire per raggiungere Rjiem Maafough mi diede del suicida, ma ero sicuro delle mie informazioni per cui non gli diedi peso, giustamente visto che ora sono ancora qui. Da principio presi per buoni alcuni suoi giudizi, ma poi, andando avanti nella serata, mi resi conto che le sue conoscenze sul territorio si limitavano ad un ristretto campo tra Tamerza,Chebika e Mides… Per non creare imbarazzi cambiai discorso e passammo una piacevole serata a disquisire sul fatto se gli Italiani siano o no facili da abbindolare ed altre cose simili…

La mattina successiva alle 6,30 il Toscano arrivò a salutarmi… Fui tentato di mangiarlo ma non lo feci. Partimmo poi alla volta del Jebel con la nostra moto e tornati nel tardo pomeriggio il Toscano stava ancora lì. Allora lo presi da parte e tentai di essere il più suadente possibile: gli chiesi che cosa andasse cercando, visto che non potevamo né volevamo assoldarlo come guida. Non mi disse una parola, ma per tutta risposta andò a sedersi sulla mia moto con aria imbronciata… Mi spiacque per la situazione, ma non sapevo come comportarmi per sdrammatizzarla. Poi Anto mi disse che avrei dovuto andare in paese a cercare del pane… e mi venne l’idea.

Chiesi al Toscano se sapeva indicarmi un fornaio in paese… Anche se con il broncio mi disegnò sulla sabbia una piccola mappa, che mi sarebbe stata sufficiente per raggiungere il fornaio. Aggiunsi se poteva accompagnarmi "in moto, certo". Il suo viso divenne radioso e montò in sella come un fulmine. In paese girai a destra ed a sinistra imboccando tutti i vicoli e violetti, roteando in tutte le piazze, sempre fingendo di sbagliare direzione…. Il Toscano non pareva darsene tanto pensiero, dato che occupava il tempo a salutare rumorosamente, sbracciandosi come un matto, tutti coloro che incontravamo lungo la strada: in quel momento era un pavone dalla ruota immensa. La ricerca della bottega del fornaio durò circa un’ora (tempo utile penso meno di 5 minuti vista l’estensione dell’oasi), ma al ritorno il Toscano era come un sole acceso di gioia.

La sera, dopo cena, ritornò al campo e mi chiese di accendere la mia moto e di accompagnarlo in un posto… Pensai subito: "Ecco: ora ci ha preso gusto e non mi molla più!" Stavo per dirgli no ma poi qualcosa mi trattenne, non so esattamente che cosa, forse il suo sguardo, forse il fatto che davvero mi ci voleva poco a farlo felice per un momento. In ogni caso infilai gli stivali e lo feci salire. Il Toscano disse di prendere la strada per Mides. Subito fuori dell’oasi mi indicò un piccolo canalino di roccia che tagliava il jebel verso nord. Salii nel canalino… e dopo qualche centinaio di metri mi ritrovai in uno stretto oued sabbioso, tra alte muraglie di arenaria. Bassi riporti di sabbia bianca punteggiavano il letto del torrente prosciugato, ed i picchi ai lati formavano come delle colonne… Era un luogo meraviglioso. Dopo circa un chilometro mi disse di fermare. Scese e mi disse di continuare da solo: mi avrebbe aspettato lì.

Andai. Fu un’esperienza incredibile. Nella luce arancio del tramonto lo oued sembrava incendiarsi, e le piccole tamerici parevano sculture d’ombra. La moto scodinzolava felice rombando sulla sabbia ora pianeggiante, ora in un letto fluviale ampio come una piazza, e ora lambendo torrioni di pietra che si tingevano di cremisi man mano che il sole andava a nascondersi dietro la spalla della montagna… Mi ritrovai ai piedi della falesia su cui sorge Mides antica, il canyon grandioso che si può ammirare dalle sue mura distrutte… lo stavo percorrendo da solo, come in un sogno. Fu bellissimo.

Tornai indietro con le ombre della sera che già s’allungavano, coprendo di grigio soffuso la sabbia del canalone… Il Toscano stava seduto su una roccia. Era sorridente: quel piccolo paradiso era stato il suo regalo per me, il suo ringraziamento per avergli fatto vivere un attimo di gloria nella sua oasi. Per me solo. Tornammo al campo a passo d’uomo, senza parlare.

La mattina dopo stavamo per partire. Era molto presto, intorno alle 6. Arrivò il Toscano, assonnato e con i capelli neri tutti sconvolti. Mi diede le mano e se ne andò: non poteva mancare alla mia partenza… Gli lasciai la mia bandana. Lui in cambio mi donò il suo sorriso, che ancora porto con me. (Pubblicato il 04 luglio 2008) - Letture Totali 106 volte - Torna indietro



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