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Frammenti di Sudan

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Racconto di un soggiorno in Sudan, di Robo Gabr'Aoun - Inviato il 13 gennaio 2004 da Robo GabrAoun.

Frammenti di Sudan

La musica di Bach inonda la hall dell'Acropole Hotel, mentre il solito via vai di archeologi da tutto il mondo movimenta i corridoi in una babele di lingue, sottofondo costante in questo che è il punto di raccolta dei più grandi nomi della cultura occidentale. In poche ore ho incrociato i direttori dei più importanti musei del mondo, dal British Museum al Berlin Museum, dal Toronto Archeological Museum all'Accademia di Francia. Su queste scale sono saliti Hnkell, Bonnet, Vercouttier, Tim Kendall, July Kamptown, Andrea Roccati, i fratelli Castiglioni ed infiniti altri luminari dello "scavo".

Buffo che, con queste persone che sono veri e propri pezzi di storia, non solo di questo Paese, ci si saluti come vecchi amici, ci si sieda magari a tavola chiacchierando come compagni di viaggio di vecchia data. Mi impressiona, se mi fermo a pensarci un attimo, che chi mi chiama " Hey Robo, how are you?" sia magari chi ha scoperto i resti dell'Armata di Cambise, o chi ha appena scavato dalla terra ardente le rovine di un Tempio meroitico celato da 2500 anni. Eppure, anche in questo angolo di mondo le facce sono sempre le stesse del circolo di cui si è bene o male parte, in questo caso il "club dei viaggiatori delle sabbie".



Siamo sempre i soliti, nei soliti moli dei porti da cui salpano le navi per l'Africa. Io sono qui a trafugare emozioni e colori, per scrivere nuove pagine, per continuare a prolungare il mio viaggio infinito, e per ampliare questi miei orizzonti , con la mia mai sopita sete di nuovo, di altra sabbia, di altre piste. A breve ripartirò per l'Africa Australe, ma ra ho ancora addosso e dentro, giù nel profondo, l'odore del Sudan. E ve lo voglio raccontare.

Sette viaggi attraverso il nord del Sudan, eppure non è che una lacrima all'interno di un mare. I miei 12 mila chilometri sono solo una parte di un tutto che non avrò mai modo di colmare. Ho attraversato questi deserti lungo tutte le direttrici, ne ho toccato gli angoli più nascosti, vivendo la gioia della scoperta e l'ira della tempesta, tornando bambino tenendo in mano una macina neolitica o un frammento di tronco fossile. Ho vissuto con la più bella gente d'Africa, un popolo non ancora plagiato dal deleterio contatto con il turismo occidentale, per il quale l'ospitalità è ancora un valore sacro, scevro da secondi fini. Ho mangiato con persone mai viste, pescando dal loro piatto con le mani, accovacciato in un campo di fave o sdraiato sotto l'ombroso portico di una casa imbiancata a calce. Ho bevuto l'acqua dei pozzi, rinfrescandomi la pelle e l'anima sotto il getto copioso del liquido vitale, strappato alle viscere della terra da pompe diesel che potrebbero essere pezzi da museo. Ho ascoltato le storie dei pastori Bicharin, la sera, vicino ai miei attendamenti, a tentare di toccare l'anima di questo popolo sovrano degli spazi e del vento.



Ho sentito scorrermi dentro le vene la polvere, onnipresente piaga del Sudan, polvere sottile e bianca che impregna ogni cosa, ogni persona, ogni animale. La mangi, la bevi, la respiri, e ne divieni parte anche tu di polvere. Ne riconosci l'odore così diverso dall'odore acre delle spezie che veste le città più a nord, in Sahara, quello stesso strano odore che ti coglie quando scendi dall'aereo in Khartoum la prima volta, e ancora non sai cosa sia, da dove provenga. Ho vissuto la gioia di giungere nei villaggi ed incontrare persone che mi chiamvano per nome, amico e non straniero, parte del clan e non sconosciuto...

Sudan è Africa Nera senza nulla del mondo Arabo che conosco. Sudan è approssimazione, caos, anarchia in tutto ed in tutti, cuscinetto naturale tra le culture sahariane ed i tam tam delle foreste equatoriali. Sudan è un mondo a parte, in cui ti puoi perdere. Sudan è un un mondo di donne vestite di sgargianti colori, dal portamento regale, orgogliosamente fiere di mostrare il loro splendido volto sfilando tra le altre donne ricoperte di veli neri che le celano completamente. I bus colorati sanno di Senegal, di Mali. Ii taxi sgangherati sono fuori luogo a fianco dei piccoli motocarri sferraglianti a tutto gas per le vie, eppure ci sono, come ci sono il carro trainato dall'immancabile asino e la Mercedes ultimo modello del ricco signore locale. continua "Frammenti di Sudan" (Pubblicato il 13 gennaio 2004) - Letture Totali 92 volte - Torna indietro



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