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Bhutan e Sikkim: riflessioni sparse


Inserito il: 26/05/2005 da Marco Cavallini
Email: marcaval@libero.it
Sito web: http://www.marcocavallini.it
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La prima vera giornata bhutanese si conclude con la visita del bello Dzong di Paro: lo dzong è la tipica costruzione bhutanese presente in ogni distretto (dzongkhag) che domina dall'alto le maggiori città, e al suo interno si suddivide in due parti, una religiosa che ospita templi e abitazioni dei monaci (rabdey) e l'altra che ospita gli uffici amministrativi. Per entrare in questa fortezza i bhutanesi oltre a dover indossare il gho, devono avere una specie di scialle bianco (kabney) ... pur essendo tutti dotati di caratteristiche originali, ogni dzong presenta un grande cortile interno (dochey) e un corpo centrale chiamato utse, mentre all'esterno c'è una torre d'avvistamento: ta dzong.

Lungo la strada per Thimpu ci fermiamo a visitare il giardino botanico reale, ma in questo periodo è decisamente una delusione, mentre dovrebbe essere assolutamente eccezionale verso aprile-maggio: il periodo di fioritura delle orchidee, di cui tante specie si trovano in questa regione.

La domanda di tanti è "vale la pena spendere così tanti soldi per visitare questo paese?", la mia risposta è "senz'altro sì" perché è una nazione fuori dal mondo unica nella sua architettura inserita in un paesaggio simil-svizzero (pinete e montagne), con i favolosi dzong in cui respirare una rilassante atmosfera fuori dal tempo. Se in Sikkim qualcuno sosteneva che avendo già visitato i monasteri del Ladakh e del Tibet, i monasteri qui perdevano interesse ... invece qua sebbene in qualche modo ci siano delle similitudini con quelli tibetani l'architettura degli dzong è veramente originale!

Dalla terrazza dell'hotel posso ammirare lo dzong di Paro che emerge alle prime luci dell'alba, per poi ammirare dall'esterno ("non siamo invitati!") una festa di matrimonio e per immergerci nel piccolo ma interessante mercato di Paro, in vendita ci sono prevalentemente prodotti della florida agricoltura locale. Uscendo dalla città dobbiamo stare fermi una decina di minuti in strada o almeno finchè non decolla un aereo dal vicino aeroporto!

Al contrario di Paro, Thimpu è una vera e propria città ... purtroppo arriviamo tardi per assistere al mercato del weekend, ma le strade sono affollatissime di immigrati indiani intenti ai commerci più variegati. Molto interessante è la visita al Memorial Chorten, animato da diversi fedeli che instancabilmente e nell'abituale senso orario continuano a girare pregando attorno allo stupa ... poco lontano con lavori di ristrutturazione si erge il monastero femminile. Come al solito fa il suo figurone Pietro, che come avevo fatto io nel nord del Vietnam, si è dotato di una Polaroid per fare omaggio di una fotografia ai personaggi più simpatici, spesso bambini, senza accontentarsi di far solo vedere la loro immagine nel piccolo montior della macchina digitale.

Da Thimpu partiamo per un trasferimento veramente lungo e tortuoso, sostiamo prima al passo di Dochu La, già menzionato e in cui spiccano 108 stupa e le preghiere stese, quindi scendiamo a Wangdi per dirigerci al maestoso dzong di Punakha, ritenuto giustamente lo dzong più bello del Bhutan: nel mezzo del suo cortile c'è un banian tree, l'albero della fratellanza spesso messo in relazione con la vita di Siddharta.

Io intanto concordo pienamente con le belle descrizioni di questo paese che avevo trovato in "La tigre e il monaco buddhista", un avvincente romanzo scritto da un medico svizzero, Eric Allgower, che aveva ambientato la sua storia in Bhutan e in particolar modo nell'affascinante regione del Bhumtang, verso la quale siamo diretti anche noi.

Lo Dzong di Trongsa si distingue dagli altri perchè dall'esterno non sembra un palazzo unico ma più costruzioni unite. Da Trongsa superiamo altri due passi per arrivare finalmente nella valle del Bumthang, con la sua capitale Jakar, anch'essa ovviamente caratterizzata da uno dzong. Tutto il viaggio è stato all'insegna del buon mangiare, oltre a qualche piatto piccante e a qualche sugo agrodolce che accompagnava pollo, carne di maiale e pesce ... c'è sempre stata una notevole abbondanza di vegetali tra cui ha spiccato senza alcun dubbio una favolosa purea di zucca.

Per la prima volta nella vita ho finalmente incontrato gli yak, grossi e maestosi mi stupiscono però per l'agilità e per il modo in cui scendono o salgono da dirupi in cui io stesso avrei grosse difficoltà: ne trovo di liberi ma anche alcuni in pascolo, proprio belli! Nel ritornare verso la frontiera incontriamo molte scolaresche, non manchiamo di visitare un Chorten isolato decisamente simile per aspetto a quelli nepalesi con gli occhi che ci guardano sempre. Abbracci con gli autisti e le guide: ormai diventati come vecchi amici!!

Quindi attraversiamo a piedi la frontiera e nell'ufficio immigration di Jaigaon rifacciamo le declaration card per l'India, riprendiamo possesso delle nostre jeep e attraversando le immense piantagioni di the con tante donne al lavoro, ci dirigiamo alla stazione di New Japailguri. Qui c'attende un'immane fatica: la salita sul treno per Calcutta .... è difficile descrivere questa situazione a chi non l'ha mai vissuta. Sulla carrozza cuccette di seconda classe senza aria condizionata ci sono 72 prenoitazioni ma salgono almeno 150 persone: tutti i prenotati, almeno 20 altre persone che verranno poi allontanate dopo l'intervento dei controllori, una quarantina di facchini che poi vogliono anche scendere, venditori vari e qualche militare. Dopo circa 20 minuti estenuanti di calca finalmente mi siedo nel mio scompartimento e prendo fiato.

Poi a me ed altre due ragazze italiane viene una gran pensata: andiamo a fumare una sigaretta nello spazio tra i due vagoni, dopo alcune tirate veniamo raggiunti da due militari che ci segnalano come la cosa sia vietata e punita con 100 rupie di multa, cerco di pagarla ma niente da fare … comincia una lunga trattativa tutta giocata da parte mia sul sorriso quindi interviene un superiore che alla stazione successiva ci invita a scendere per fumare e ci spostiamo di alcuni metri dalla carrozza, quel tanto che ci basta per vedere un uomo morto coperto da un lenzuolo bianco mentre tutta la gente continua il suo tranquillo via-vai ... un po' stupefatti risaliamo sul treno e il militare di prima viene a salutarci quindi concludiamo con uno scambio: io do a lui una delle mie sigarette e lui regala a me una sigaretta indiana, il tutto con sorrisi e grandi strette di mano!!!!

Dopo dodici ore di treno notturno finalmente arriviamo a Kolkata (Calcutta, n.d.r.): ammiro il ponte Howrah tanto famoso quanto brutto, il Memorial Victoria, un bellissimo Tempio Gianista (che mi fa tornare alla mente le meraviglie viste in passato nella città santa di Palitana) e poi proseguiamo per il Kalighat Temple ma la folla di fedeli intenti a sacrificare animali ci impedisce di vederne l'interno, ma più di tutto ciò che mi resterà impresso di questa immensa città sono i luoghi di Madre Teresa di Calcutta. Visitiamo la sua tomba, un centro di ricovero per malati gravi e l'orfanotrofio in cui vengono portati bambini abbandonati: handicappati mentali e fisici, per ognuno dei quali c'è un volontario, tra questi riconosco alcuni dei passeggeri dell'aereo dell'andata e mi scappano diverse lacrime!

Forse non ero pronto o forse il contrasto con quanto provato nel tranquillo Bhutan è molto forte ma l'India ancora una volta mi si presenta come un paese molto difficile da affrontare soprattutto dal punto di vista morale!

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