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Danimarca. Suoni sospesi. Impressioni da un autobus...


Inserito il: 09/11/2007 da Alessandra Conti
Email: staff@viaggiatorionline.com
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Formidabile questa indipendenza che ti dà la forza di affrontare ”da uno” la vita, in compagnia, al massimo, dello Stato, ma forse, qui ancor meno che in altri Paesi, non si usa sacrificare un po' di se stessi esclusivamente per il piacere che ti provoca far del bene a qualcuno fuori da noi e allo stesso tempo cosi vicino a noi, al compagno della tua vita, come a chi la vita te l’ha data.

Singolarità sublimata dal contrasto con le famiglie numerose, dalle enormi carrozzine cariche di pupi bianchi e rosa.
Ma sono bambini dati alla luce nel silenzio degli ospedali da madri ammutolite, pur nel dolore lacerante...
Madri che in autobus gingillano i loro bebè, senza prenderli in braccio, lasciandoli imbacuccati nei loro involucri da passeggio, mentre i papà sfrecciano dal mio finestrino con le loro tenute da ciclisti futuristi, portando la prole a traino, racchiusa in improbabili veicoli aereodinamici...

Unicità esaltata che diventa solitudine nel vuoto della terza età...

Di questa lingua dai suoni sospesi, io straniera, poco capisco, ma da uno dei giornali gratuiti locali che arrivano a casa, anch’io ho imparato a distinguere, nei “Politrapporten”, gli appelli della polizia alla ricerca di eventuali parenti di persone vecchie crepate da sole, magari in edifici adibiti agli anziani...
Che freddo...!

Ma ora, in ritardo solamente di un paio di minuti, l’autobus frena alla fermata stabilita e, come d’accordo, sale a bordo il mio amico, un pavese/danese conosciuto per destino...
Scatto d’istinto dall’area delimitata dal mio posto e infrangendo il verso della corrente dei nuovi passeggeri li vado incontro, felice di non essere più sola...

Devo aver fatto qualcosa di grave e fuori dall’ordine, perchè all’improvviso mi materializzo per gli altri passeggeri e una fanciulla mi pianta in fronte i suoi occhi luminosi a lampara.

Noi parliamo, parliamo flebilmente, ma le onde sonore che abbiamo insolitamente generato schizzano per tutte le pareti dell’autobus e ne provo vergogna...

Incominciamo a guardare insieme dal finestrino ed il bosco, col suo fluido magnetico, ci adesca incitandoci a proseguire con le nostre gambe.

Eccoci a rimbalzare sul muschio di gommapiuma... il fruscio ritmato, ipnotizzante del suo mantello mi sta traghettando attraverso questa fiaba...
Domani sarò di nuovo in Trinacria, al tepore, alle urla, alla vucciria* della vita...

*rumore

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