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Canada. Con gli occhi a 3 metri da terra


Inserito il: 02/11/2007 da Alberto Angelici
Email: albe@iol.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Aziza
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Facevano tappe brevi senza forzare l'andatura. Viaggiavano per circa sei-sette ore al giorno, con una breve sosta a metà. In questo modo le bestie non si stancavano troppo e loro neppure. Il posto che avevano scelto, una stretta insenatura del lago, era molto gradevole. Al centro vi sfociava un torrente costellato di grandi massi bianchi. Poco più in là un grosso viluppo di rami e tronchi, vestigia di una passata piena primaverile, avrebbe fornito legname in abbondanza. La superficie verde-bottiglia pareva denso sciroppo di menta e solo i cerchi dei pesci che salivano a galla ne rompevano di tanto in tanto la setosa continuità.

"Fermo, non muovere un pelo! - bisbigliai a Gigi - guarda là in fondo, vicino al tronco marcio, ma muovi solo gli occhi."

Al limitar di un gruppo di striminzite betulle, chissà perchè, avevano sempre un'aria così sparuta e triste, era comparso un cervo, e che cervo! Alto e imponente, forse tre quintali di peso, sfoggiava orgoglioso una folta gualdrappa quasi nera e un fantastico palco di corna. Le narici, lucide di muco, palpitavano rapide per usmare ogni più lieve sentore. Il bellissimo animale mosse qualche passo e si avvicinò alla riva, gli occhi calmi e dolci rivolti al terreno ma le orecchie ben tese in avanti. In quattro passi avremmo potuto toccarlo: evidentemente ci trovavamo sopravvento rispetto a lui e non aveva avvertito la nostra presenza. I cavalli stavano qualche metro più indietro e pascolavano tranquilli, nascosti da una fila di piante. Non dovevano essersi accorti di nulla.

- CHAC... e il cervo con un unico lunghissimo balzo, quasi un volo, scomparve leggero nel folto da cui era comparso. Gigi, alzati gli occhi al cielo, stava già dandosi mentalmente del coglione per aver dimenticato il pentolino che dalla mano sgocciolava sulle foglie secche.

In pochi minuti aveva trovato un buon posto per insidiare la sua preda. Un grosso sasso si protendeva sull'acqua creando un'ampia zona d'ombra. Forme scure guizzavano agili tra le erbe del fondo, scomparendo a tratti fra sassi muschiati. Lasciò cadere lentamente l'esca, controllando col polso il movimento del sottile filo di nylon. I pesci parevano disdegnare ma non ignorare il chicco di mais. Ci giravano attorno, lo puntavano ma all'ultimo istante sterzavano bruschi con nervosi colpi di coda e si allontanavano in un ampio cerchio che li avrebbe riportati al punto di partenza. Cominciò a pensare che sarebbero dovuti ricorrere alle riserve alimentari, quando dal fondo comparve silenziosa una lunga ombra. Molto più lunga delle altre. E più grossa.

Venne verso la superficie, deciso, senza tentennamenti, sicuro come un re. Fu questione di un attimo, poi uno strappo gli disse che aveva abboccato.

"Gigi, Gigi, corri! Ho preso un mostro, una cosa enorme! Non ce la faccio da solo!!"

Con la coda dell'occhio lo vide mollare ciò che aveva in mano e correre agile verso di lui, sbracciandosi e borbottando qualcosa che egli non intese, impegnato ad assorbire i colpi di frusta che l'enorme trota trasmetteva alle spalle con violenza terribile. Ne vedeva gli occhi impazziti e la bocca spalancata in un muto grido di ira e dolore. Chissà quanto pesava! Forse dieci chili, forse di più. La scura groppa schiariva verso il ventre e balenava di tutti i colori dell'iride. Balzava dall'acqua la meravigliosa creatura, sconvolgendola in milioni di lucide perle liquide, crepitante spuma di selz naturale. Piroettava e saltava con potenti colpi che le facevano toccare la testa con la coda.

Gigi era al suo fianco, nell'acqua fino ai polpacci. Neppure lui sapeva che fare. Convinto che da un momento all'altro l'avrebbero persa, tentò allora il tutto per tutto. Con cautela ma con tutta la forza che aveva alzò verso l'alto la canna già piegata ad un angolo assurdo. Pareva impossibile che il filo non si spezzasse sotto le tremende sferzate. Non seppero mai come, ma un momento dopo la trota schizzava frenetiche frustate di sabbia e sassi dalla riva scoscesa.

"Uao! Con questa ci mangiamo anche stasera e domani" esclamò felice Gigi, le mani sui fianchi e un sorrisò che gli andava da un orecchio all'altro e gli illuminava gli occhi di gioia infantile.

"Chissà quanto ha impiegato a diventare così enorme!"

Già, pensavo tra me e me, chissà quanti anni ci sono voluti per raggiungere simili dimensioni; quanti pericoli avrà dovuto evitare, gli orsi, le linci, i rapaci... per finire nella padella di due brocchi come noi!

Pensieroso si guardava attorno: l'acqua, le grandi rocce e la sabbia e la selva circostante. Era una sua impressione o gli alberi più vicini parevano rivolti verso di lui. Quell'abete laggiù, per esempio, aveva due grossi rami che sembravano braccia piegate sui fianchi in un muto atteggamento di dissenso.     continua "Canada. Con gli occhi a 3 metri da terra"

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