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Ammada Jones e la meteorite marziana


Inserito il: 19/03/2004 da Alighiero Adiansi
Email: mailto:adiali@tiscalinet.it
Sito web: http://web.tiscali.it/alitour
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Ha avuto notizia di ritrovamenti nella zona del deserto nero, sulla strada per Taouz. Io a Taouz non ci volevo neanche andare. La pista per Merzouga comincia una decina di chilometri fuori da Erfoud. Non servono guide, basta seguire il traffico: dove è più intenso siete sulla strada giusta. Ammada dà il meglio di sè alla guida della Uno e finalmente trova una pista. I segnali non sono facili da seguire: è vero che ci sono i pali della luce, ma mica per tutto il tragitto, mentre gli altri segnali sono più difficili da interpretare. Ecco un cartello tra la nuvola di polvere lasciata dalla jeep davanti: hotel Jasmine. Diritti, proprio dietro la Nissan, ma a sinistra, accidenti alla sabbia - ce n’è di più in aria che in terra - n altro segnale: hotel Soleil Bleu. L’orizzonte è increspato dalle dune rosa dell’erg, ma come si arriverà fin là? Altro cartello, hotel ksar Sania: speriamo bene. Ammada è tesissimo, concentrato sulla la pista che è battutissima (sembra asfalto), poi finalmente un avvallamento, un mucchio di sabbia, una dunetta, e Ammada si esalta, gli occhi fissi sull’ostacolo, le mani strette sul volante. E’ solo un mucchietto di sabbia ma ce la facciamo: insabbiati!

Tutti a spingere, ma con calma perché c'è da fare la foto di rito. Quelli davanti hanno visto nello specchietto, parcheggiano e tornano indietro, quelli dietro scendono dalle jeep e dai bus e si precipitano a guardare, decine di macchine fotografiche puntano sulla ruota semi sommersa della Uno e sul suo pilota imbacuccato nello cheche azzurro, col gomito appoggiato al tettino dell’auto, il piede sul cofano, lo sguardo fisso verso il Sahara, il sorriso beffardo di che ce la fatta. Dieci minuti e siamo al Toumbouctou, un hotel tra i più cari, ma anche tra i meglio tenuti dell’Erg Chebbi. Ammada non capisce la smania di andare a dormire al bivacco tra le dune per sorbirsi uno scontato tramonto rosso sangue e un cielo che più stellato non si può. "Troppi romanticismi..." dice. Lui preferisce farsi portare al “deserto nero”, laggiù, verso Taouz, dove corre voce di “sassi strani” e da dove tornerà a piedi, solo, occhi a terra e calamita in allerta. Ma il deserto nero, lo dice la parola stessa, è troppo nero per distinguere le meteoriti. Bisognerebbe aspettare la notte e scoprire se al buio, in mezzo a tutto quel nero, non emerga qualche debole bagliore azzurrino di radioattività extraterrestre.

A forza di camminare guardando per terra, Ammada perde l’orientamento. La bussola non l’aiuta e nemmeno la tempesta di sabbia che impolvera l’orizzonte lontano e anche l’orizzonte vicino. All’improvviso, nella nebbia emerge un bagliore giallastro. Forse ci siamo... Non viene da Marte (altrimenti sarebbe rossastro), nè da Saturno (sarebbe azzurrino), non viene neanche da Mercurio (sarebbe gassoso) e nemmeno da Venere (sarebbe tutta curve), ma viene da Taouz anche se la calamita impazzisce vicino al faro del motorino Suzuki di Assam, il cuoco del Toumbouctou. Ammada accetta un passaggio dopo aver tirato sul prezzo come se fosse lui a fare un favore al motociclista, che potrebbe piantarlo lì a passare la notte tra la sabbia e i sassi.

Il giorno dopo, l’insaziabile professore trascina il gruppo nel Deserto Bianco dove i sassi dovrebbero risaltare in mezzo a quel candore piatto. In effetti prima dei siti rupestri si attraversa il fondo screpolato di un lago preistorico, bianco come neve e liscio come un biliardo. L’autista della jeep, che già aveva scarsa considerazione per questo gruppo che vuole andare nei posti più deserti del deserto, guarda rassegnato e sorpreso chi, invece di fotografare le onde dorate dell’erg, passeggia a testa bassa prendendo a calci i sassi e, qualche volta, raccogliendone uno per portarlo al professore che senza neanche guardarlo lo butta via. Ma in fondo cosa crede questo qui! Che noi si lasci le meteoriti per terra quando sappiamo benissimo che c’è gente disposta a pagarle a peso d’oro? Ritornare da Merzouga è più complicato del previsto perchè non ci rassegnamo alla nuova strada asfaltata fino a Rissani e - per ripicca - restiamo fuori dall’asfalto fino alla quarta foratura per poi piegarci al progresso facendo finta di correre sopra una grande meteorite nera, lunga quasi trenta chilometri. A Rissani saccheggiamo La Maison Tuareg mentre Ammada affoga la disperazione in un cesto di datteri mielosi. Un po' li mangia, ma i più li spalma su guance e braccia cercando di assorbirne la polpa per osmosi. Quando lasciamo le invisibili rovine di Sijilmassa spinti da una violentissima tempesta di sabbia, del “professore” si vedono solo gli occhi e i denti, unici segni di vita in mezzo ad un disgustoso impasto di sabbia, zucchero e cocci di ceramica romana.

Sulla strada per Tazzarine, la sabbia viene spazzata via da un temporale scatenato come non si vedeva da anni. Non abbiamo incontrato anima viva da quando siamo partiti da Rissani, non ne incontreremo fino a Nekob. Le montagne del Saghro si intuiscono tra la pioggia. Sono rosse, viola marroni... sembra di essere su Marte e sarà per questo che Ammada ferma la macchina e scende a scrutare la pianura sassosa. Non si sa mai. In questo modo sgombriamo ogni dubbio sul fatto che ci fermiamo nei posti più assurdi, avremo foto che nessuno ha mai fatto, anche foto di niente, soprattutto foto di niente. Una volta risalito in macchina, Ammada, bagnato fradicio, confessa che durante il tragitto in moto, Hassan ha parlato di uno strano personaggio, un cercatore di meteoriti professionista che lavorerebbe in un hotel di Tamegroute, e di una meteorite straordinaria ritrovata nel deserto oltre Mahmid, una condrite. Ammada non è certo che il motociclista abbia detto una condrite o un’acondrite. Mentre si viaggia in moto su una pista del deserto è difficile percepire un apostrofo, a meno che questo coincida con un calo di potenza del motore, ma non è facile comunque. Sembra che con l'apostrofo la meteorite acquisterebbe un valore incommensurabile: un conto è una condrite, tutt'altra storia sarebbe un’acondrite.

Dal sedile posteriore, Laura  azzarda una terza ipotesi, cioè di un acondrite senza apostrofo, ma maschile. Ammada sbuffa. Dice che se la “a” è attaccata alla condrite va bene lo stesso, maschile o femminile per lui uguale è. Incrocio lo sguardo attonito di Laura e capisco che per noi c’è una bella differenza! Ne discuteremo meglio dopo la Valle del Dra, così bella da assorbire completamente la nostra attenzione. Qualcuno scatta delle foto, poche, per inserirle quando sarà il momento tra quelle dove non si vede niente. Vorremmo trovare dei point-view di nostra iniziativa, ma i migliori sono quelli dove aspettano i venditori di pietre, di pugnali, di piatti, di gioielli berberi e di datteri, quelli dove i bambini aspettano nascosti sotto il bordo della strada per piombare attorno alle macchine appena si fermano. Scorci fantastici si susseguono, a Tinzouline, alle gole dell’Azlag, terrazze ricavate sui tornanti affacciate a palmeti immensi, verdi e impolverati perché quest’anno è piovuto pochissimo. I palmeti riempiono le pianure dalle rive del Draa fino ai piedi di montagne gialle, rocciose, dietro alle quali s’intuisce la presenza del deserto.

Sono le ultime pieghe della terra prima del nulla. I paesaggi sono stupendi e ci aspettiamo un rifiuto di Ammada a fermarsi e invece… invece dovete sapere che il prodotto tipico della valle del Draa sono i datteri, che la stagione è appena cominciata, che sono quasi meglio di quelli di Erfoud e che per tutta la strada scatole e cestini vengono infilati nei finestrini. Nella foga degli acquisti, Ammada paga i consueti 35 dirham sia per il cestino da un etto che per la scatola da un chilo. Arriviamo a Zagora con la macchina piena di nocciolini, i denti pieni di carie e il colesterolo di Ammada oltre i quattrocento, senza contare il volante e i sedili così appiccicosi che non riusciamo a cambiare posizione per i successivi tre giorni.

Raggiungiamo Tamegroute, il villaggio con la biblioteca coranica, i laboratori di ceramica, la medina sotterranea e l’hotel della condrite (o dell’acondrite), dove scopriamo la differenza: il professore ha spiegato che una condrite ha le condrule, piccole gocce di minerali condensati dovuti al raffreddamento dei roventi vapori di materia nebulosa solare, mentre un’acondrite è un pezzo di pianeta, dove le condrule si sono fuse fino a diventare magma. Ora si tratta di sapere il motivo per cui i sassi senza palline valgono più di quelli con le palline, ma qui si tratta di complicate regole di mercato. In cambio, Ammada ha svelato il mistero per cui la salinità degli oceani sia rimasta costante nel corso degli ultimi milioni di anni, una cosa che mi chiedevo dai tempi in cui imparavo a nuotare sulla spiaggia di Bellaria. Tamegroute è un paesotto a pochi chilometri da Zagora, sulla strada per Mahmid. Nel villaggio c’è una biblioteca coranica così famosa che molti negozi hanno preso il suo nome “Biblioteque Coranique”. La Biblioteca, quella vera, si trova dopo la piazzetta, sulla destra. A sinistra c’è un buon ristorante il Jnane-Dar con alcune tende berbere e mezza dozzina di camere, oltre ad una simpatica proprietaria bionda. Dopo mangiato ingaggiamo un paio di bambini per visitare la medina sotteranea, un intricato dedalo di stradine buie e strette che conducono sempre in un negozio di ceramiche. Ammada lo perdiamo alla seconda galleria, ma lo ritroviamo nella piazzetta della Zaouia dove sta mostrando al posteggiatore il biglietto col nome dell’hotel, quello col cercatore di meteoriti. L’hotel si chiama Repos Des Sables e con le indicazioni avute da Ammada non l’avremmo mai trovato se si fosse trovato proprio sulla strada per Mahmid, cinque o sei chilometri dopo Tamegroute. L’hotel è davanti alle tre dune di Tinfou che si possono raggiungere a piedi in dieci minuti, ma solo se non avete niente da fare perchè sono molto deludenti per chi è già stato a Merzouga. Molto meglio il panorama lungo la strada verso sud sulla quale si rivedono dune vere e si attraversa la graziosa oasi di Oulad Driss prima di arrivare alla fine della strada.     continua "Ammada Jones e la meteorite marziana"

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