O Brazil do Sul: Marau


Inserito il: 08/05/2006 da Bruno Giuliano
Email: bruno.giuliano@tiscali.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=julianbolibar
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Beh, pazienza. Adesso la nuova destinazione è Porto Alegre in riva all’Atlantico. A me che me frega? Un giorno in meno da lavorare e una città in più da visitare. Un’altra ora si aggiunge al tempo del viaggio: posso permettermi di contemplare alternativamente le due manifestazioni della natura che tanto mi affascinano, anzi inizio un dialogo serrato con la hostess servendomi della lavagnetta. Tanto per cominciare le chiedo a quale altezza voliamo, a quale velocità andiamo, ecc, ed infine senza vergognarmi di arrossire e con il cuore che mi batte forte, le stringo le mani tra le mie.

Lei mi guarda neppure troppo sorpresa e mi sorride incoraggiante; si è posta di traverso e nessuno può vederci completamente. È ancora più bella adesso che concentra la sua attenzione soltanto su me perdendo quell’aria distaccata e professionale per ritornare quello che è, poco più di una bambina affascinata dal gioco più bello e antico del mondo: l’amoreggiare. Al diavolo i fulmini, al diavolo la lavagnetta!

Il guaio era che devo scrivere in una lingua ortograficamente ostica e di un argomento non contemplato dal mio serissimo professore in Italia. La ragazza non capisce quello che le dico la prima volta perché il rumore continua assordante e i fulmini esplodono fragorosi. Provo a ripetere: lei … magia … avvicina il suo viso al mio roteandolo dolcemente e accostando alla mia bocca un ben modellato lobo auricolare privo di ingombranti e, considerata l’atmosfera satura di elettricità, pure pericolosi orpelli metallici. Ripeto ancora la mia richiesta mentre le sue mani si stringono alle mie e la sua figura tende le cinture di sicurezza fino a trasmettermi il ritmico pulsare dei suoi sani polmoni che spingono fortemente i seni contro una camicetta meravigliosamente troppo stretta e a rischio di foratura da puntuti capezzoli. La mia pressione interna sale al punto da rischiare l’esplosione della patta prima e del velivolo subito dopo. L’offerta non necessita traduzioni, anche il più codardo dei mortali rischierebbe la vita senza esitare, anche il più imbranato dei secchioni correrebbe il rischio di un sei in condotta e cederebbe, parlerebbe, dichiarerebbe, implorerebbe… allora sì, allora e soltanto allora la mia passionale richiesta esplode:

- Quando arriviamo a Porto Alegre, per favore telefonerai per me alla ditta che mi attende senza vedermi arrivare?

Mi dispiace deludere i miei lettori maschi: purtroppo la hostess diniega educatamente il mio invito a cena. Ad ogni modo avverte la Amarau del mio contrattempo, poi mi conferma che la compagnia aerea mi passerà il pasto ed una camera d’albergo gratis, inoltre mi assicura che di mattino mi porteranno a Paso Fundo, la mia destinazione iniziale. La cena è piuttosto deludente: mi viene portato lo stesso vassoio che si serve sugli aerei. Accidenti! Culinariamente parlando la trasferta comincia male. Metto a sbobba in frigo per consumarmela a colazione in mancanza di meglio. Esco e vado alla ricerca di un ristorante come si deve.

Vaca boya! fa un freddo cane e tira un vento del diavolo: domani mi compro un giubbotto imbottito. Torno subito in hotel e facendo di necessità virtù, sbrano tutto il vassoio, plastica esclusa. Mi rendo conto d’avere un sonno arretrato bestiale e mi metto a cuccia. Chissà che non riveda in sogno la bella ostessa in cambio della mancata visita alla capitale del Rio Grande do Sul. Mi spiace per voi che dovrete farvi raccontare Porto Alegre magari da qualche pulcioso no global.

***

Il mattino, pur permanendo una temperatura polare, il tempo è migliorato e verrò riportato a Paso Fundo in aereo e non in pulman. In aeroporto trovo tutte le marche di sigarette americane immaginabili ad un prezzo ridicolo. Compro Camel e scopro alla prima boccata che sono prodotte su licenza e fanno schifo. Meglio, fumerò di meno, anzi peggio: mi adeguerò da buon tabagista.

Altra scoperta: in giro ci sono diversi tipi dall’aria giapponese e lo sono davvero, tranne che per la nazionalità che è brasiliana. Nella sola São Paulo ne esiste una colonia di 250.000 arrivati lì dopo la resa del Giappone agli anglo-americani alla fine della seconda guerra mondiale. Sta a vedere che magari da qualche parte trovo uno dei loro ristoranti e provo finalmente quella loro specialità di pesce crudo che adesso mi scappa come si chiama. Beh, lo indicherò col dito.

Sono le dieci del mattino quando sotto di me appare una pista di terra battuta apparentemente gelata. Il mio vicino di sedile coglie la mia perplessità e mi conferma che scenderemo proprio lì. Stringo forte come non ho fatto mai le cinture di sicurezza! poi stringo le palle, ad una ad una come grani di un rosario. Il pilota compie un paio di giri sul campo per prendere le misure e poi giù! Tutto scricchiola paurosamente ... una parete a picco ci corre incontro ... ci fermeremo prima o ...     continua "O Brazil do Sul: Marau"

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