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Varanasi: la città santa degli induisti


Inserito il: 12/12/2007 da Adriano Socchi
Email: adrimavi@alice.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Adriano+Socchi
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La guida ci spiega che le tre ore di cremazione necessarie a incenerire completamente un corpo costano 2.500 rupie, ossia 60 euro, una cifra di cui soltanto i ricchi indiani possono disporre. I poveri non possono permettersi di comprare la legna e pagare tutto il lavoro necessario alla preparazione della pira funeraria, e per loro ci sono forni crematori elettrici assai più economici anche se meno scacri e rituali. Il corpo viene così incenerito in appena 15 minuti per un costo di appena 250 rupie, ossia sei euro.

Dopo esserci immersi nella vita del fiume, c’immergiamo per il resto della giornata in quella della città. A ridosso del Gange, Varanasi è un groviglio di vicoli dove a stento passano i tuk-tuk, pochi a dire il vero. Osserviamo figure umane difficili da descrivere e definire: sono i malati terminali, i senza speranza, condotti fin qui, dai propri familiari, da ogni parte dell’India, per morire poiché il luogo sacro su cui sorge la città è propizio per morire. Chi muore a Varanasi ha l’accesso al paradiso. Ecco perché tanti vecchi, moribondi, malati, storpi si ammassano qui subito a ridosso della riva, aspettando di morire. Il labirinto di piccole stradine e vicoli sembra una fogna, eppure anche qui, in mezzo a questo fetore, le persone comprano e vendono verdura su improvvisati banchetti, i bambini giocano a rincorrersi, le mucche pascolano indifferenti come in un prato. Prestando attenzione a dove si posano i piedi, giungiamo al Golden Temple (Viswanatha) la cui entrata è riservata solo agli induisti. Lo sa bene un astuto e gentile indiano la cui casa si trova proprio accanto. Se sosterete davanti all’ingresso, il personaggio in questione vi adocchierà e per un piccolo compenso di denaro verrà a proporvi di salire sul suo balcone da dove si può vedere molto bene l’interno del cortile del tempio. Vediamo così i fedeli pregare sul lucido pavimento di marmo, cosparso di monetine e di fiori, alcuni appassiti, altri freschi. Dall'alto vediamo meglio che non dalla strada la cupola del tempio, famosa per essere stata ricoperta da una tonnellata d’oro - da cui il nome di Tempio d’Oro - per volere del Maharajah Ranjit Singh del Punjab, lo stesso che fece altrettanto al Tempio d’Oro di Amristar.

Visitiamo poi, sarà l’ultimo, il Tempio della Dea Durga, non tanto per la sua interessante struttura quanto per vedere le numerose scimmie che lo popolano, tante davvero e, come avvertivano le guide, moleste. Il Tempio è conosciuto anche come Tempio delle Scimmie. E’ ormai pomeriggio quando ci trasferiamo nella confusione del quartiere di Chawk dove si tiene il mercato più caratteristico della città. Impossibile descriverne il caos di pedoni, biciclette, vacche, tuk-tuk e macchine che circolano senza nessuna regola di precedenza o stop, l’assordante e continuo suono dei clacson. Troviamo un po' di quiete in uno dei tanti laboratori di tessitura della seta, per cui Varanasi è famosa in tutto il mondo. Un foulard di seta di Varanasi deve essere assolutamente acquistato e proprio qui, tra le preziose sete di questa fabbrica, ai cui telai lavorano per lo più bambini, ne prendiamo uno a testa in ricordo della nostra visita anche se un foulard, per quanto bello, è nulla a paragone dei tanti ricordi che lascia questa città santa ed eterna. Ogni indù che si professa tale deve, almeno una volta nella vita, compiere un viaggio di pellegrinaggio a Varanasi ma lostesso, aggiungerei io, deve fare ogni viaggiatore che sceglie l'India come sua meta. Qui più che altrove nel caleidoscopico sub-continente indiano, quanto disse Pasolini "…un occidentale che va in INDIA ha tutto ma in realtà non dà niente. L’INDIA, invece, che non ha nulla dà tutto" si traduce in verità.

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