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TransAsia. Sei leoni a Samarcanda


Inserito il: 08/11/2007 da Adalberto Buzzin
Email: adbuzzin@libero.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Adalberto+Buzzin
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Transasia 2001, da Venezia a Tokyo: 65 giorni di viaggio in fuoristrada e 17.000 km di emozioni per Paolo, Thomas, Andrei, Franco, Alberto e per il sottoscritto: sei amici che amano le imprese difficili dei raid.

Attraversati i Balcani e approdati in Turchia, terra ricca di fascino e di gente ospitale, ci siamo diretti verso la Georgia, paese caratterizzato da una totale anarchia che, abbinata alla povertà, lo rende un luogo non certo ospitale. Più volte ci siamo trovati ad affrontare situazioni potenzialmente pericolose durante le nostre soste a Batumi e Tbilisi, ma con un po' di fortuna, simpatia e diplomazia italiana, le abbiamo risolte senza problemi. Entrati successivamente in Azerbaigian, durante una tappa notturna siamo stati attratti dai numerosi fuochi accesi ai bordi delle strade e ci siamo fermati. Scoperto che si celebrava il capodanno locale, abbiamo avuto l'opportunità di festeggiarlo con i residenti facendo del nostro meglio nei loro balli tradizionali, e sicuramente meglio nel mangiare piatti caratteristici.

Dopo alcuni giorni di sosta a Baku, ci siamo imbarcati alla volta di Aktau in Kazakistan. Trascorsa una piacevole notte sulle dolci onde del Mar Caspio, e una meno gradevole al porto kazako per via di alcuni problemi portuali che hanno impedito alla nave di attraccare in orario, siamo saliti sulle nostre vetture e ci siamo diretti alla volta dell'Uzbekistan. Abbiamo quindi affrontato il deserto attraverso 600 km di pista. Sono stati giorni stupendi, ma duri. Le notti nel deserto sono, infatti, estremamente rigide con temperature parecchio al di sotto dello zero e un forte vento carico di sabbia che rendeva impossibile attrezzare un campo, e ci ha costretti a dormire nelle vetture per alcune notti consecutive. La solitudine e il silenzio del deserto ci hanno circondati di un'atmosfera irreale, sensazione che ha assunto una tinta tetra quando ci siamo avvicinati alle sponde dell'Aral: trent'anni fa, prima della costruzione delle dighe che stanno uccidendo il lago, erano ricche di vita, mentre oggi sono abitate solo da carcasse di animali. Usciti dalla pista, abbiamo raggiunto Buhara, il Luogo che con Samarcanda ha popolato per secoli i sogni di tutti i viaggiatori. La città, ricca di monumenti, di moschee e di splendore, si è rivelata pienamente degna della sua fama. I giorni trascorsi tra le vie della città vecchia e lo splendido e ricchissimo bazar sono volati al pari di quelli trascorsi a Samarcanda, meta successiva, dove abbiamo ammirato tutte le opere edificate per ordine del famoso imperatore Tamerlano. Nei giorni successivi abbiamo proseguito attraverso l'Uzbekistan sostando in numerosi villaggi dove la popolazione del luogo ci ha intrattenuto con le storie e le leggende del suo meraviglioso Paese.

Rientrati in Kazakistan, abbiamo attraversato il territorio da sud a nord percorrendo una serie di paesaggi mozzafiato, dalle infinite distese di verde ai brulli scenari desertici. Qui la fortuna di un'improvvisa pioggia notturna ci ha regalato, il giorno dopo, una sorpresa inaspettata: il deserto grigio e assetato si era trasformato in una stupenda distesa verde di germogli pieni di vita. In questo paese non abbiamo incontrato grandi città, ma numerosi piccoli villaggi dove il nostro arrivo si trasformava subito in una festa. Proseguendo a nord verso la Russia, il clima è rapidamente cambiato e durante una tappa notturna siamo stati investiti da una bufera di neve che ha letteralmente cancellato la strada, costringendoci a proseguire a passo d'uomo. Abbiamo attraversato il confine nel silenzio. Era pura magia. Intorno a noi solo neve e alberi spogli, le famose betulle rosa di una delle regioni più affascinanti del pianeta: la Siberia.

Proseguendo sempre verso est, abbiamo attraversato Novosibirsk, famosa per i suoi inverni rigidissimi, Irkutsk, ricca di chiese nelle quali abbiamo assistito ai riti locali della Pasqua e Ulan Ude, situata ai confini con la Mongolia e abitata prevalentemente dai buriati, totalmente diversi per aspetto e costumi dai russi. La nostra corsa è proseguita poi, sempre in Siberia, tra laghi, monti, villaggi. Scenari indimenticabili ci hanno accompagnato fino a Cita, dove abbiamo dovuto caricare le vetture su una piattaforma ferroviaria, l'unico mezzo per attraversare i tre grandi fiumi che in questo periodo del disgelo s'ingrossano e allagano vaste zone sul loro cammino. Sempre verso est, sostando più volte nei numerosi villaggi che abbiamo incontrato, abbiamo raggiunto finalmente Vladivostok, città militare fino a pochi anni fa chiusa agli stranieri.

Qui, dopo alcuni giorni di riposo, abbiamo imbarcato le vetture sul traghetto che in due giorni ci ha condotto alla meta finale: il Giappone. Si è trattato quasi di uno shock passare in poche ore dalla tipica lentezza burocratica e dalla disorganizzazione siberiana e russa in generale alla perfezione nipponica, dove non esistono i se o i forse, ma tutto è organizzato fin nei minimi particolari. Entrando nella sede principale della Isuzu, che era tra gli sponsor del raid, siamo stati ricevuti dal caloroso applauso di tutti i dipendenti e dirigenti della casa motoristica giapponese. Quando abbiamo tagliato il nastro d'arrivo, ci siamo emozionati alla consegna dei fiori, simbolo di grande rispetto e gratitudine in Giappone, e con poche parole abbiamo cercato di esprimere tutta la nostra felicità per l'accoglienza e la riuscita del viaggio. Una cena tipicamente giapponese ha chiuso l'avventura, ma tutte le sensazioni ancora traspaiono dai nostri volti. E' stato un viaggio lungo e molte volte difficile, ma tutti i momenti di gioia e di sofferenza sono parimenti importanti, perché viaggiare non è solo muoversi nello spazio, ma un continuo peregrinare all'interno di noi stessi, dentro le emozioni, i sentimenti e la mente nella perpetua ricerca di tutte le dimensioni che fanno parte del nostro io.

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