Russia. Rasputin


Inserito il: 08/11/2007 da Adalberto Buzzin
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Il tempo sembra porti neve quando raggiungiamo Tyumen e il giorno dopo arriviamo a Porovoskoe, il villaggio di Rasputin, ma ci accoglie un pantano eccezionalmente alto. Il tempo pare essersi fermato. Le casette colorate, ma sbiadite, non danno segni di vita. Un piccolo market pare essere l’unica cosa nuova del villaggio. L’emozione è grande. Il sogno è diventato realtà. Siamo a Porovoskoe, il villaggio in cui Rasputin nacque e da cui un giorno partì a piedi per San Pietroburgo, anzi alla sua conquista. Cerchiamo Victor e lo troviamo. Ci porta nella sua povera casa, in cui vive con la zia 93enne, cieca. La casa sa di storia, di fumo, di vodka, di solitudine. Questo personaggio ci racconta la sua storia. Impreca, gesticola, chiede una sigaretta, ci sfida ma non ha timore delle nostre macchine fotografiche. Si crede personaggio, forse un po’ lo è mentre ci fissa con quegli occhi chiari. Cerca di renderli penetranti, fiammeggianti, ma anche se si immedesima, si mette in posa plastica, si racconta e ci fissa non è Rasputin, non può esserlo. Parliamo circa un’ora e veniamo a sapere, come già avevo letto in un libro storico, che la sua bisnonna aveva peccato con Rasputin. Per questo gli è così somigliante nel fisico, negli occhi, nel vestire, nell'atteggiarsi, portamento, nella sua storia. Però ci è simpatico. Ci offre patate e un bicchier acqua, ci dice che attualmente non lavora e lui vorrebbe lavorare perché la casa è semidistrutta e lui e l’anziana zia ne occupano appena un quarto. Lo lasciamo ai suoi deliri dopo averlo salutato calorosamente. Ci dirigiamo nella piccola scuola di Porovoskoe, dove consegniamo regali a tutti i bambini. Le maestre si prodigano per farci vedere le classi, la mensa, il giardino... Quanta tenerezza e quanta differenza di vita, di ospitalità, di sorrisi. Ognuno di noi nota tutto questo. Non lo eserna, ma ce lo leggiamo in faccia. Sono esperienza di vita che non dimenticheremo, che ci faranno bene per il futuro. Noi ci lamentiamo sempre ed abbiamo tutto, loro invece... hanno un sorriso spontaneo, trasparente che ammazzerebbe anche un toro. Siamo un po’ tutti più tristi, ma la strada ci aspetta. Una piccola passeggiata nel fango di Porovoskoe per ricordare la storia e sentire antichi profumi: "Chissà se Rasputin è passato per questa via? Chissà se ha notato quell’albero senza foglie che chiede aiuto?" Chissà... Lasciamo con nostalgia questo villaggio carico di storia e di leggende e puntiamo le macchine verso San Pietroburgo. Incomincia a nevicare. Tutto diventa più bello, ma aanche più pericoloso. Raggiungiamo Kurgan per arrivare a notte fonda a Celjiabinsk. E' una città molto grande, ricca di palazzoni tristi, vie immense e tanto traffico, ma non lascia il segno. Non sembra di essere in Siberia, a Celjiabinsk. Le città hanno uno stampo simile, mentre noi siamo colpiti dalle panoramiche, dalla vita nei villaggi, dai posti di blocco, da quel cielo minaccioso che sembra proteggerci mentre invece continua a gettare neve. Gli Urali ci attendono... Aiutiamo una macchina scivolata fuoristrada. L’ambiente è totalmente cambiato. Siamo a natale, le casette sono sepolte dalla neve, il vento ci entra dentro, i nostri volti sono tirati, dobbiamo guidare con la massima prudenza perché un errore può essere fatale alla riuscita del viaggio, eppure Sandro cerca l’emozione differente. Va in testa coda, ma tutto si risolve bene, e si prosegue con la massima calma. Le tappe si fanno dure. Impieghiamo più o meno il doppio di ore impiegate all’andata, ma tutto si sopporta con la calma del viaggiatore. Forse questa lentezza arriveremo a rimpiangerla. Arriviamo a Nizni dopo una tappa di 12 ore di guida, di neve, di ghiaccio, di buio. Sembra impossibile, ma in Russia quando la notte cala avvolge tutto: i fari delle macchine sono sempre sporchi, i camion non danno pace e alzano una valanga di pantano misto neve, fa freddo. Siamo stanchi ma non molliamo. Attraversiamo tantissimi villaggi e in uno di questi ci fermiamo, ospiti di due vecchietti che con dolcezza d’altri tempi ci offrono la loro casa in cambio di un po’ d’amicizia. Ci parlano della loro situazione, delle loro miserie, ma lui sbotta deciso: "Abbiamo superato la guerra, supereremo anche questo brutto periodo!" Poi scoppia in un afragorosa risata. Fatalità Russa... Mentre sorbiamo lentamente il tè che ci è stato servito nelle tazze dei grandi eventi, osserviamo la povera casa, la stufa scalda, un gatto che sonnecchia beato sul letto... Non c’è problema, dalla sua ha il tempo, la voglia, la fede, l’ospitalità delle genti russe, mangia con noi una minestra e beve un succo d’arancia, riprende la valigia , un fardello pesantissimo, ci saluta e si rimette in marcia, si volta ancora una volta, lo guardiamo con ammirazione; un’altra lezione di vita, un’altra storia da raccontare, un’altra emozione. Arriviamo a San Pietroburgo. Visitiamo la città, si respira il Natale. La neve la rende più bella, romantica, misteriosa. Visitiamo le ultime cose che ci mancano per completare la storia di Rasputin: la casa Jusupov e il fiume Neva dove lo hanno gettato dopo averlo assassinato. Chiediamo di Rasputin un po’ a tutti, ma le risposte sono forzatamente poche. Il mistero continuerà... Santo o avventuriero, profeta o visionario, bandito o gentiluomo, non sapremo mai chi era veramente Rasputin , ed in fondo è giusto così. La storia deve continuare con i suoi segreti, con i suoi dubbi, con le nuove scoperte... A noi rimane il ricordo d’aver toccato la Siberia, la terra che dorme, e forse senza volerlo ci ha cambiati dentro.

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