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India. Tratto da: Profumo indiano


Inserito il: 07/11/2007 da Virginio Beretta
Email: bervir@tiscali.it
Sito web: http://web.tiscali.it/pitaji
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Mercoledì - La strada che da Buntar sale lungo la val Parvati, termina di fronte al paese di Manikaran, un grande piazzale sempre ingombro di pullman e taxi, in partenza o in arrivo, che trasportano centinaia di turisti che passano un periodo di svago in questa località, dove una sorgente d'acqua calda fa di questo centro, un'importante stazione termale. Dal gran parcheggio si attraversa il fiume Parvati su un ponte di ferro sostenuto da quattro pilastri in pietra, camminando sopra una larga passerella in tavole di legno un po' sconnessa, ingombra di piccole mucche che placidamente fanno la siesta. Oltrepassato il ponte si entra nel borgo che, costeggiando il fiume, si allunga sulla via principale per circa cinquecento metri con casette di sassi impastati con argilla e sterco di vacca. Piccoli ristoranti, guest house, alberghetti, un Tempio di fede induista e, alla fine del paese, un grosso albergo dalla capienza di un migliaio di persone riservato ai Sikh, completa l'agglomerato del villaggio. Salendo per le strette e ripide stradine, che intersecano il corso principale, ci sono le abitazioni dei locali, gente d'origine modesta, abituata a sopportare con dignità i disagi della povertà che l'ambiente montano intensifica. Per la maggior parte dei villeggianti questa é la meta raggiunta. Il loro svago consiste nel compiere brevi passeggiate nei boschi che circondano la zona o nell'immergersi nelle vasche d'acqua calda, che ogni albergo mette a disposizione. C'é anche un cinematografo, che, attraverso lo schermo televisivo, manda in onda dei films registrati su cassette. La giornata é piovosa ma noi dobbiamo partire, i portatori che si caricheranno i nostri sacchi sulle spalle sono prenotati per le nove. Lasciamo la popolazione integrata nella civiltà "industriale" ed entriamo in una nuova dimensione. Salendo per una ripida mulattiera e costeggiando l'irruente fiume Parvati si prosegue a mezza costa con un percorso alternato da tratti di sentiero con parti di strada in costruzione, cosparsa di detriti di roccia staccati dalla montagna sovrastante a colpi di mina, che i nepalesi addetti alla costruzione fanno brillare giornalmente, nell'intento di eliminare i massi che rendono pericoloso il passaggio. Gli unici a percorrere questa zona sono animali e uomini appiedati, che s'inoltrano nel paesaggio Himalajano e s'amalgamano nel territorio, come i canditi nell'impasto del panettone.

La camminata non é molto impegnativa, si parte da un'altitudine di duemila metri e si arriva a duemilacinquecento s.l.d.m., in quel di Kalga, ma la lunghezza del percorso é di ben sedici chilometri e per un sessantaquattrenne non allenato sono messi a dura prova sia i muscoli sia i polmoni. Ho impiegato sei ore, ma la difficoltà é anche dovuta alle avverse condizioni meteorologiche che obbligano a tenere la giacca impermeabile e si suda più del normale. In alcuni punti la fanghiglia arriva fino alle caviglie e obbliga a raddoppiare l'attenzione per non scivolare in qualche scoscesa scarpata. Sono partito assieme ai portatori, ma dopo poche centinaia di metri sono già staccato. Dopo aver percorso una decina di chilometri un dolore al ginocchio destro mi obbliga a camminare zoppicando, mentre il piede sinistro martoriato da un callo mi fa vedere le stelle in pieno giorno. L'ultimo tratto di salita avviene su un sentiero fiancheggiato da cespugli ed alte erbe che l'umidità della pioggia n'aumenta il disagio. In cima si sbuca su un pianoro e le difficoltà dovrebbero essere finite, ma i campi sono seminati a granoturco e per attraversarli bisogna percorrere un viottolo che serpeggia tra le piante alte due metri che rendono nulla la vista del paesaggio e che, con le loro larghe foglie inzuppate d'acqua piovana, ti bagnano in ogni dove. Percorrere l'ultimo chilometro che separa la fine della salita dalla casa é come inoltrarsi in una giungla, ma le rassicuranti descrizioni avute in precedenza mi confortano dell'assenza d'animali feroci che potrebbero rendermi la vita difficile. Ogni tanto in mezzo al fogliame s'intravede qualche capanna, ma il rimanente é solo foglie bagnate.     continua "India. Tratto da: Profumo indiano"

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