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G'day from Australia

Racconti e Articoli di Viaggio

Il primo report dal mondo DownUnder: l'Australia, di Diana Atlante e Roberto Fiume - Inviato il 09 novembre 2005 da Diana e Roberto.

G'day from Australia

Ecco a voi il primo report del nostro periglioso viaggio. Arrivare in Australia è stata un'avventura, una vera e propria prova che ci ha consentito di capire quanto gli antipodi, il mondo "downunder", sia distante. Il primo stop è stato Abu Dhabi, dopo 5 ore di volo, un aeroporto lisergico per colori e forme, un misto di intarsi di un generico azzurro turchese che colpisce. Poi è stata la volta di Taipei.

Di fronte alla sconvolgente possibilità di rimanere 10 ore in un aeroporto cinese, scortati dai dipendenti della china Airline (ci hanno sequestrato passaporti e biglietti per restituirceli alla partenza) abbiamo deciso di pernottare in albergo per alcune ore. Di Taipei non abbiamo visto praticamente nulla ma la voglia di visitare la Cina è lo stesso salita parecchio. La mazzata è arrivata con l'ultimo tratto che ci ha portati fino a Sidney. Jet-lag , insonnia e 24 ore di volo ci hanno lasciato a pezzi, ma due nostri amici di vecchia data, lly e Ray, ci hanno accolto con un bel sorriso stampato in faccia, un bel toccasana.



La prima cosa che abbiamo notato dell'Australia è stato il cielo, di un blu intenso che quasi faceva male agli occhi. Poi è stato il turno della guida a sinistra, come sempre strana, e ancora l'assurdo di una vegetazione rigogliosa - tropicale - in un mondo che parla inglese, ma un inglese strano come i nomi Newcastle, Liverpool e Camden alternati ai vari Mittagong, Wollongon, e Walla Walla lasciano intuire. Sarà una costante del viaggio. I nostri salvatori ci portano a casa loro. A solo 20 minuti dal centro di Sydney sembra di essere su di un altro pianeta. La casa è dei genitori di lei, il padre uno svedese ammutinato che si è dato al commercio di olio di cocco, la madre metà irlandese e metà inglese. Si sono incontrati e sposati sulle isole Tonga per poi trasferirsi a Sydney. Da queste parti non è una storia particolarmente interessante.

Il piccolo appartamento ha una grande finestra che dà sulla baia dove vanno e vengono le imbarcazioni. Era il punto di osservazione del padre di Sally che da qui poteva sapere tutto sulle storie delle barche e dei suoi proprietari. Scendendo pochi gradini si arriva sul lungomare, ed è qui che a sera brinderemo al nostro arrivo con una bottiglia di champagne.



Verso le 5 del mattino mi sveglio ed esco a fumare una sigaretta. Ascolto la risata un po' sgangherata del Kookaburra, un uccello sempre presente nei romanzi come nelle periferie australiane. Non sghignazzo, ma un sorriso di quelli che tirano dagli angoli della bocca sorge spontaneo. L'indomani si va in barca a vela. Il capitano, Bryan, è un vecchio amico di Ray. Fa molto australiano con cappellaccio bianco, maglietta rossa e pancia da birra. Mangiamo e beviamo (gli australiani ci danno dentro di brutto) in una deliziosa baia e poi, via, si parte. La cosa più impressionante è l'assoluta disinvoltura di Diana: balza da una parte all'altra della barca con disinvoltura da vecchio marinaio.

Soltanto al terzo giorno incontriamo Sydney. La raggiungiamo in traghetto, quindi vediamo nell'ordine skyline, Harbur Bridge e Opera House. Passeggiamo nel giardino botanico incastrato tra City e baia. I grattacieli svettano sopra palme, eucalipti e vegetazione di un verde sfolgorante, ancora una delle contraddizioni di questo paese, impostato all'inglese ma con una vegetazione grande e ridondante e colorata. In un museo ammiriamo i primi spettacolari disegni degli aborigeni. Sognano molto e si vede. Facciamo uno spuntino col primo fish & chips alternando calamari alle foto ai palazzi vecchio stile inglese soffocati da grattacieli tutti vetri e acciaio.

That's all folks. Alla prossima dal Downunder... (Pubblicato il 09 novembre 2005) - Letture Totali 68 volte - Torna indietro



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