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Dolce Kythira

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Il breve racconto di un'isola della Grecia poco nota, Citera, di Alberto Angelici - Inviato il 11 agosto 2006 da Aziza.

Dolce Kythira

Conosci Kythira? è l' isola greca che avrebbe dato i natali a Venere (una delle tante...). Si trova a 14 miglia marine dal Peloponneso, non è molto turistica e noi l'abbiamo scoperta per caso, facendovi tappa con una nave della Costa Crociere, la Costa Classica. Non mi dilungo sull' aspetto croceristico della vacanza. Anche se so che a molti tale formula soddisfa, il trovarmi gomito a gomito con altri 1500 croceristi a dover scegliere se pranzare con il turno A o con il turno B non risponde al mio concetto di vacanza. Ma, ripeto, è solo il mio parere.

All'isola arriviamo da sud, in un chiaro mattino di fine maggio. Le ampie baie gemelle di Kapsali, sembrano seni colmi ed invitanti. Sul fondo delle due insenature, una spruzzatina di basse costruzioni multicolori precedute da verande fiorite. Poche le imbarcazioni, in gran parte barche da pesca, poco più che scialuppe. Dipinte di azzurro e giallo, verde e rosso stanno alla boa in rada, simili a quelle dei fumetti di Topolino. Accanto a un basso muretto, chiazzato di capperi, c'è un vecchio pescatore.



Siede a terra e con gesti misurati ripara una rete che scorre davanti a lui come lo strascico di una sposa. Al nostro passaggio alza lo sguardo ombreggiato al nero di una coppola stinta. Ci fissa con occhi azzurri e calmi e i pochi denti sono appena sufficienti per illuminare il viso rugoso e scuro di un sorriso dal quale esce un rauco kalimera, cioè buongiorno.

Sulla sinistra la costa è alta e rocciosa, segnata da sottili lingue di sabbia bianchissima. Lungo il pendio poche case sparse e una microscopica, chiesa che luccica candida sullo sfondo scuro della pietra retrostante. In alto, una miriade di casette costellano un' ampia sella.

E' Hora, l'antica capitale dell' isola. Le costruzioni, piccole e bianchissime e con porte e finestre azzurre, sono dominate dai resti del castello veneziano e ai potenti bastioni sembrano chiedere ancora oggi protezione e aiuto. Tutto attorno è la tipica vegetazione mediterranea, fatta di rosmarini e salvia, bassi pini, lecci, eucalipti, grandi gerani spontanei e capperi in fiore. Sono immobile sulla riva, mi guardo intorno e intanto la pelle irradia sensazioni intense e strane.



Sento quell' isola differente da ogni altra visitata prima. Mi sento a un tempo nervoso e pervaso da una strana pace. Assurdo. Mi guardo intorno, mentre polmoni e occhi si colmano di profumi e colori, come un assetato davanti a un fonte. La nostra è la tipica visita turistica: la guida in testa e tutti gli altri al seguito.

Appuntamento al punto di imbarco, così Anna ed io andiamo per i fatti nostri, gli occhi e il naso a frugare nei vicoli stretti come crepe del terreno. Poche ore e tanti colori che mi si stampano dolorosamente nella mente. Nel cuore il fermo proposito di tornare. Presto.

Due mesi dopo siamo di nuovo lì. Con una piccola fiat giriamo l' isola in lungo e in largo, scoprendo posti bellissimi. Prendiamo casa in un piccolo complesso di appartamenti: cubetti bianchi immersi nel verde, sul panorama delle baie e ognuno con una bella terrazza ombreggiata da grandi ulivi. Sui muri s' arrampicano e bouganville, rami come tentacoli accesi di rosso e viola e arancio.



Non è grande, Kythira. Di forma di ovale, èpercorribile tutta da nord a sud in due ore e da est a ovest in meno di una. Stradine sterrate che serpeggiano ovunque, su e giù per colline sulle quali il disordine della vegetazione spontanea si alterna a macchioni di eucaliptus e a campi di ulivi ordinati in geometriche scacchiere grigio-verdi che approfittano di ogni piega del terreno per proteggersi dal vento.

Il terzo giorno, vagando verso il mare, troviamo una spiaggia stupenda sulla costa est. èquella di Palaiopoli lunga forse tre km e delimitata alle due estremità da grandi rocce verticali. Poche persone, due bambini e un buffo cagnetto tutto pelo sale e pepe che corre come un razzo, avanti e indietro. Il più vestito è lui, che porta il collare.

Andiamo in esplorazione e a pochi metri da una delle rocce verticali, scopriamo una micro - insenatura, protetta da un grosso scoglio a pochi metri dalla riva. Non lontano una famiglia campeggia silenziosa, le due tende all' ombra di un ulivo contorto, immenso e così antico da sembrare scolpito nella pietra. Acqua bassa e trasparente, in tutte le sfumature del verde e dell' azzurro, sciaborda languida con lieve mormorio e le irridescenze preziose di certi vetri di Murano.

Alla base della parete rocciosa il mare ha scavato un incavo, quasi una grotta e lì,nella fresca ombra, sistemiamo le nostre cose: acqua fresca, pesche, fichi, pane e dei bellissimi pomodori dolci e grandi come un pugno. Restiamo nudi e, come i primi abitatori di un mondo nuovo, entriamo in acqua tenendoci per mano. In alto un paio di gabbiani dondolano come aquiloni e il loro verso stride come il gesso sulla lavagna. Acqua fresca e lieve bacia la pelle in ogni piega.

Il paradiso? Non so, ma certo lì ci si sente davvero in pace col mondo, sulla sabbia calda, mangiando fichi e pane al limitar della grotta. Abbandonato sulla riva trovo un buffo aeroplanino ricavato da un frammento di legno portato dal mare. Un ferretto regge l' elica che un temperino ha ottenuto da un tratto di canna. Lo tengo in alto nella brezza leggera e l' elica frulla veloce con un suono che ricorda una vecchia cinepresa in azione. Mare e sole, ricordi struggenti e dolci come quei fichi, sapidi come quei pomodori, come il sale sulla pelle di Anna. La chiamo "la mia saliera", lei finge di arrabbiarsi se le strofino pezzi succosi e rossi sulla pelle rovente dove il sale ha già lasciato un velo bianco... (Pubblicato il 11 agosto 2006) - Letture Totali 172 volte - Torna indietro

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