Dita di luce

Racconti e Articoli di Viaggio

La Tunisia delle oasi tra sale e deserto, breve racconto di Federica Varosio ( fedevarosio@yahoo.it )

Dita di luce

Lasciare le spiagge orlate da palme, le rovine romane e i mercati di spezie della costa per entrare nel cuore della Tunisia sahariana è un viaggio nel tempo, oltre che nello spazio. Il passaggio è breve ma denso di sensazioni che oscillano tra l’incredulità e la desolazione; ampie zone coltivate ad ulivi, da cui deriva la liquida risorsa che ancora oggi sostiene il paese, lasciano progressivamente il posto all’aridità della steppa che tra ghiaia e cespugli arriva fino ai margini del deserto.

Il rito di accesso a questo mondo parallelo si compie attraversando l’ampia distesa salata del Chott el-Jerid, antica propaggine del Mare Nostrum sulla cui scrosta cristallina batte e rifrange la luce abbacinante del sole, ingannando la percezione con riflessi e miraggi.

D’ora in poi la vastità del deserto sarà interrotta soltanto dall’incredibile varietà delle oasi, crocevia di storia, cultura e vita dell’Africa mediterranea.

L’oasi è un luogo, ma è soprattutto un concetto. Fin da bambini si pensa di aver chiaro nella mente cosa sia ma non si comprende la sua reale consistenza fino a quando non si scorge in lontananza l’infinita distesa verde di vegetazione che improvvisamente emerge dal nulla giallo-rossastro del deserto circostante. Il contrasto è la chiave di ogni sensazione, è la scintilla di rivelazione che permette di intuire perché il deserto sia il nulla e il tutto, il pieno e il vuoto, l’aridità e la vita.
La prima oasi che incontriamo salendo verso il confine con l’Algeria sull’area montuosa del Jebel en-Negeb è Chebika, una spaccatura nella roccia, un piccolo canyon da cui fuoriesce la sorgente che tiene in vita un’incredibile concentrazione di palme e di vegetazione; la seconda, Tamerza, è uno spettacolare villaggio distrutto per ironia della sorte da un’inondazione nel 1969 e di cui restano soltanto i muri disciolti che lo trasformano quasi in un set cinematografico.

Le oasi di montagna, che insieme a Midès costituivano in età romana il limes tripolitanum sono lo scenario del nostro primo tramonto sulla vastità del deserto, della nostra prima notte illuminata dall’infinito cielo stellato.

Poi l’oasi diventa ancora più grande e da una piccola e isolata macchia verde si trasforma nell’antico grande centro carovaniero di Tozeur, che con la sua immensa palmeraie ha da sempre rappresentato un importante nodo commerciale e culturale tra il Sahara e la costa mediterranea.

Antichi sistemi di irrigazione, ideati già in XIII secolo, distribuisco l’acqua di un centinaio di sorgenti a circa duecentomila piante da dattero della squisita varietà deglat ennour e il miracolo del deserto si ripete nella tipica vegetazione stratificata che cresce all’ombra delle palme: un tripudio di albicocchi, melograni, banani, fichi, cereali e ortaggi.

Tra le fronde delle palme fanno la loro comparsa i raggi del sole, sottili dita di luce che presto diventeranno dolci e morbidi frutti.

È Douz, infine, la porta definitiva per il Grande Erg Orientale: da qui lo sterminato mare di sabbia si estende per centinaia di chilometri verso il cuore dell’Africa.

Ma è una porta che ci è negata perché la stagione non è certamente quella consigliata per addentrarsi nel deserto e il sole dell’estate non perdona. E allora ritorniamo verso la costa, verso le spiagge e le medine brulicanti di turisti, passando per l’ultima volta attraverso altri scenari che non appartengono al nostro tempo e al nostro spazio: il villaggio troglodita di Matmata, con i suoi crepacci e i suoi crateri in cui si aprono inedite case sotterranee e il Ksar di Medenine, un granaio berbero fortificato che, come isola di storia nella città attuale segna il definitivo ritorno alla modernità.

Le oasi della Tunisia tornano ad essere una parentesi, ci sembra quasi di averle solo sognate… ci resta una grande rosa del deserto, l’estrema essenza della sabbia impalpabile, del vento e del sole cristallizzati in uno scherzo della natura.
(Pubblicato il 31 luglio 2006) - Letture Totali 89 volte - Torna indietro



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