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Irian Jaya: alle origini dell'uomo

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Racconto di viaggio nella parte occidentale dell'isola della Papua. Nuova Guinea oggi chiamata Papua, ex Irian Jaya, oggi parte dell'Indonesia nonostante le numerose rivolte per ottenere l'indipendenza, di Uliano Massimi

Irian Jaya: alle origini dell'uomo

Un tappeto verde sconfinato si distende sotto le ali del piccolo Twin Otter diretto ad Ewer, una stretta lingua di terra nascosta tra le fitte foreste equatoriali nel sud di Irian Jaya, l'estrema provincia orientale dell'Indonesia nell'isola della Nuova Guinea.

Sferzati da una pioggia battente (siamo nella stagione delle piogge), sotto lo sguardo incuriosito di decine di indigeni, scarichiamo i nostri zaini e alcune scatole piene di viveri. In canoa a motore raggiungiamo Agats, un villaggio di palafitte costruito sulla riva meridionale dell'estuario del fiume Aswetsj, salito alle cronache negli anni '70 dopo la scomparsa del giovane Rockfeller durante una spedizione nell'area. Gli Asmat erano allora spietati cacciatori di teste e temuti cannibali.

Oggi come allora sono conosciuti per le meravigliose sculture lignee intagliate nel duttile legno di mangrovia che spesso riproducono figure antropomorfe a ricordo degli antenati. L'iniziazione dei giovani, cioè il passaggio dall'adolescenza alla maturità, era (forse lo è ancora oggi) una delle cerimonie più importanti per la società Asmat.



Però, per compiere il rito, era necessaria la testa di un valoroso guerriero di un villaggio rivale. Al rientro da una spedizione di caccia alle teste, il cranio veniva forato nella regione temporale con una scure di pietra e il cervello mangiato dagli anziani del villaggio per succhiarne l'energia vitale che secondo la cultura Asmat risiede nella testa. Dopodichè veniva scarnificata ad opera del " padrino " dell'iniziato e preparata per la cerimonia.

Alloggiamo all'hotel Agats Inn di fronte ad uno dei mercati cittadini, teatro nel tardo pomeriggio di un interessante mercato di pesce fresco. Mentre Alex, la nostra guida, si preoccupa di trovare una imbarcazione a motore che ci possa trasportare fino a Mabul, io e Mario visitiamo il museo cittadino che ospita una interessante collezione di maschere, scudi, tamburi cerimoniali, sculture lignee, costumi tradizionali della cultura Asmat.

La mattina successiva piove a dirotto. Ronnie, un amico di Alex, sarà il nostro cuoco. Harun, il boat.man, sta preparando la canoa a motore che ci porterà a Senggo e da lì verso nord a Mabul nella terra dei Korowai-Batu. Ben presto la pioggia lascia il posto ad un sole implacabile.



Dopo poche ore di navigazione arriviamo a Jaosakor, un villaggio con una lunghissima long-house. Di forma rettangolare è la casa delle cerimonie in quanto al suo interno si svolgono i riti, le danze, le feste di maggior interesse dell'anno.

È qui che gli anziani prendono decisioni importanti ed è sempre qui che vengono cesellate formidabili sculture lignee. A volte ci imbattiamo in capanne abbandonate o in rari villaggi che rompono la monotonia di una navigazione confinata tra due strisce impenetrabili di foresta primaria. Il crepuscolo ci sorprende ancora lontani dalla meta. Siamo costretti a chiedere rifugio ad un nucleo familiare lungo le rive del fiume Siretsj mentre rapida cala la notte. Davanti ad un televisore grandi e piccini sono riuniti a seguire una insignificante telenovela, ma il nostro arrivo turba la loro concentrazione. Sentiamo su di noi la pressione dei loro sguardi mentre seduti nella stanza aspettiamo la "sentenza" del capo-famiglia diventando ben presto la loro telenovela. Dopo 3 giorni di navigazione dalla partenza da Agats, finalmente arriviamo a Mabul. I Korowai-Batu rappresentano uno dei 250 gruppi etnici che abitano l'Irian Jaya.

Costruiscono le loro abitazioni sulla cima degli alberi a 25-30 mt di altezza per difendersi dagli insetti, ma soprattutto per difendersi dagli attacchi di tribù rivali. La caccia alle teste e il cannibalismo erano pratiche comuni fino a pochi anni fa. Forse ancora oggi negli angoli più reconditi della foresta pluviale sono tuttora praticate.

Assoldati un paio di portatori-interpreti, ci inoltriamo nella foresta attraversando piccoli ruscelli su traballanti tronchi sospesi immersi in un mondo monocromatico. Il suolo è tappezzato di radici avventizie mentre dagli alberi penzolano liane rampicanti e fichi strangolatori. Pappagalli multicolori fanno echeggiare i loro richiami di allarme al nostro passaggio. Prossimi ad un villaggio korowai-batu, i portatori emettono richiami sonori per avvisare della nostra inaspettata presenza.

Gli indigeni ci permettono di entrare al villaggio costituito da 3 rumah-tinggi, le tipiche case sugli alberi. Gli uomini imbracciano arco e frecce, portano monili di osso nel naso e nelle orecchie, splendidi bracciali di fibra nelle braccia e una foglia accuratamente arrotolata a ricoprire il pene. Le donne invece indossano un gonnellino di fibra di corteccia, piccoli bastoncini conficcati nel setto nasale e collane di denti di cane se sono sposate. continua "Irian Jaya: alle origini dell'uomo" (Pubblicato il 01 dicembre 2005) - Letture Totali 167 volte - Torna indietro



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