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Le croci Twaregh

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Breve saggio sulle croci Twaregh, o croci di Agadez, di Niger, Libia e Algeria, di Robo Gabr'Aoun - Inviato il 13 gennaio 2004 da Robo GabrAoun.

Le croci Twaregh

Comunemente conosciute come "croci di Agadez", dal nome della più diffusa di loro, esse sono presenti in Sahara da millenni. Esse sono monili di pregiata fattura incisi a mano, e portati indistintamente da uomini e donne. Il popolo Twaregh è suddiviso in 21 tribù (kel) ed ogni tribù ha un territorio di riferimento. Ogni gruppo ha una croce propria, simbolo storico dai molteplici significati e valenze. Ogni croce presenta particolari caratteristiche, nel disegno, nelle incisioni, nelle dimensioni. Questi simboli hanno differenti valenze e significati che vanno dal sociale e politico (simbolo di appartenenza) al magico (valenza protettiva), dal decorativo (elegante monile di prestigio) all'esoterico esoterico (reminescenza storica di un passato cristiano che il popolo berbero presenta come rivalsa all’islâm e agli invasori arabi). Alle 21 principali, ve ne sono molte, minori, che non hanno valenza di stemma d’appartenenza ad un clan, ma significati diversi, quali la fertilità, la fedeltà, il coraggio, l’amore. Una di queste croci, caratterizzata da inserti concentrici in cedro del Tassili, ha in Niger valenza di simbolo di fertilità, mentre in Libia, nella zona tra il Oued Berjui e le falesie occidentali d’Akakus, essa è divenuta rappresentativa di kel, Il Kel Akakus, composto da alcune famiglie di stanza in questo territorio. Essa non compare all’interno delle raccolte ufficiali delle croci: ne costituisce la ventiduesima!

Le croci vengono indossate indistintamente da uomini e donne, non necessariamente per ostentare il Kel d’appartenenza, ma anche per puro piacere, come monili puri, che i Twaregh apprezzano. La forma a croce è di derivazione cristiana: occorre infatti ricordare che prima dell’invasione Araba in tutto il grande bacino sahariano, tra le popolazioni berbere originarie di questi territori, il Cristianesimo era diffusissimo, e solo in seguito venne sostituito dall’Islam. I Twaregh, berberi, con le loro croci hanno in origine ostentato il loro indomito rifiuto della nuova religione imposta dall’invasore, conservando in essa elementi paleo- cristiani.

Le croci hanno anche poteri mistici, di protezione dai jnoun o jiin, creature sovrannaturali che nella leggenda popolare vivono nelle lande desertiche, così come dai kambalthou, uomini-belva, probabilmente riconducibili ai graffiti cinocefali di origine boscimane osservabili in Tassili, Messak, Tibesti etc. Delle 21 croci non c’è una sola rappresentazione: ognuna di esse può presentarsi sotto aspetti diversi, a seconda dell’estro dell’artigiano che la forgia. Infatti, diversi tipi di lavorazione possono portare a prodotti notevolmente diversi tra loro, nonostante si tratti della stessa croce.

Il materiale in origine era argento puro, poi residui di ogive di proiettili, poi ancora ferro o lamiera. La ghianda ovoidale che caratterizzava il loro corpo centrale con il corso dei secoli è andata via via appiattendosi per ergonomia di lavorazione. Le più pregiate tra le croci dell’epoca moderna presentano almeno una superficie convessa, mentre quelle di scarso valore sono assolutamente piatte, e solitamente queste ultime sono quelle che si trovano nei quadretti con le 21 croci che si acquistano nei grandi centri in Nord Africa.

Le croci Tuareg sono in vendita praticamente in tutto il Nord Africa in una varietà di differente pregio, dall’Egitto al Marocco. Alcune croci, a seconda del paese in cui si trovano, possono venire chiamate in modo diverso: la croce di Iferouane viene anche chiamata Tariselt, quella di Zinder viene Tenelit. Tutte sono di metallo battuto e inciso a mano. Quelle di maggior pregio portano sulla faccia posteriore il simbolo dell’artigiano che le ha coniate.

L’unica croce che contiene una gemma è quella di ‘In Gall, che racchiude una pietra vetrosa di colore rosso. Il materiale utilizzato è per lo più argento, ma in molti casi sono semplice metallo ferroso. La collana a cui sono sospese è in genere formata da un cordino di origine vegetale con perline in vetro e tubuli d’argento.

L’etnia Twaregh è tra le più complesse del Sahara, e merita senz’altro la nostra attenzione, al di là delle croci, che non sono che un aspetto di questo grande popolo sempre descritto in maniera superficiale dai testi storiografici occidentali.

Per comprendere in profondità questo popolo consiglio alcuni libri di Mano Dayak, ultimo grande capo spirituale della rivolta Twaregh, deceduto pochi anni fa: "Sono nato con la Sabbia negli occhi" e "Twaregh: la tragedia". Dovresti poi leggere "Serpenti di Pietra" di Boccardi e "Gaoudoufoa: il cimitero dei dinosauri" sempre di Boccardi con la collaborazione di Boccazzi. Tutto il lavoro edito da Turri può essere utilizzato come base per lo studio di questa etnia. Anche se è - purtroppo - legatissimo ai preconcetti storici del post-colonialismo europeo, alcuni aspetti del lavoro di questo comunque grande studioso offrono tuttavia grandi spunti per una meditazione libera dai luoghi comuni. Anche "Sahara" di De Agostini è un buon testo, anche se vetusto (circa 30 anni!). Personalmente ho avuto le informazioni che possiedo sulle croci anche da miei contatti in loco, alcuni Twaregh di Ghat e Murzuq. (Pubblicato il 13 gennaio 2004) - Letture Totali 249 volte - Torna indietro



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