Interviste Marocchine


Inserito il: 29/02/2004 da Paola Barile
Email: letturedilaura@yahoo.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Laura+Barile
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Una cosa per certi versi sorprendente è il fatto che anche nei paesini più sperduti ci sia una scuola elementare, che si riconosce per la particolare architettura: un basso cubo di cemento con disegni colorati sulle pareti, un piccolo cortile in terra battuta e la bandiera marocchina sul tetto piatto. Uno dei pochi maestri rimasti a insegnare in queste scuole del profondo sud ci ha spiegato che "in Marocco l’istruzione è gratuita, dalle elementari fino all’università. Ciononostante il 50% della popolazione è ancora analfabeta e parecchi bambini non frequentano la scuola dell’obbligo per aiutare le famiglie nelle loro attività lavorative (per lo più badare al bestiame e confezionare piccoli manufatti). Soprattutto qui al sud i maestri scarseggiano e in molti paesi le classi sono sovraffollate e i bambini vanno a scuola in due turni".

"Quanto dura la scuola dell’obbligo?"
"C’è il primo ciclo che dura dai 7 ai 13 anni e il secondo che va dai 13 ai 16, ma prima, a cinque anni, i bambini possono frequentare una specie di scuola religiosa per imparare a recitare i versetti del Corano".
"Che cosa studiano i bambini?"
"Educazione islamica, un po’ di matematica, attività scientifiche, educazione artistica e poi il francese e l’arabo, che sono lingue obbligatorie…Comunque, in realtà la maggior parte dei bambini si rifiuta di imparare l’arabo e parla solo il dialetto magrebino e il francese". Questo a causa dell’antico odio tra gli indigeni berberi e gli arabi invasori.

Nel sud lavorano quasi esclusivamente le donne in quanto la gran parte degli uomini marocchini emigrati in Europa alla ricerca di un lavoro proviene da queste parti. Le donne, quindi, molto schive e difficili da avvicinare, hanno assunto un ruolo molto importante in questa società rurale dal momento che per undici mesi all’anno, in assenza dei loro uomini, si occupano da sole dei figli, delle greggi, della raccolta dei datteri ecc… Infatti, non è infrequente vederle in piccoli gruppi trasportare in equilibrio sulla testa enormi sacchi di frasche o ramoscelli, con i loro bambini più piccoli legati sulla schiena con un telo di stoffa.

C’è chi dice che i mariti paghino l’anziano del villaggio per vigilare sulla virtù delle mogli in loro assenza, ma c’è anche chi maligna che le mogli, a loro volta, si comprino il silenzio e la compiacenza del vecchio saggio…

Una delle esperienze più interessanti di tutto il viaggio è stato l’incontro, decisamente fortunato, con un personaggio appartenente al movimento del sufismo islamico, una sorta di corrente religiosa interna all’Islam che si contraddistingue per la ricerca della conoscenza e dell’amore per Dio. Dialogando con questa persona ho potuto riflettere su molti aspetti della fede islamica tenendo presente il presupposto, solo apparentemente scontato, che occorre operare una netta distinzione tra il messaggio divino e la pratica dei fedeli. Ci ha spiegato che nel corso dei secoli l’Islam è stato pesantemente travisato e strumentalizzato a fini politici o sociali dagli stessi seguaci della fede mussulmana: ad esempio, ci diceva che nel Corano viene richiesto alla donna sposata di coprirsi solo i capelli (considerati elemento di grande seduzione nella cultura araba) per non attirare gli sguardi di altri uomini, mentre l’uso di fare indossare a tutte le donne il burqua o il velo sul viso è una distorsione umana volta ad affermare la sottomissione della donna. Così pure la jihad, da noi comunemente intesa come guerra santa mirata a islamizzare il mondo, sarebbe in realtà, nella sua manifestazione più alta, uno sforzo interiore del singolo contro il proprio egoismo. Era un uomo che ispirava una grande serenità perché vedeva in ogni evento, in ogni persona, in ogni cosa anche negativa, una manifestazione del volere di Dio, per la quale rendere grazie comunque.

Quello che veramente mi è rimasto negli occhi e nel cuore è il ricordo vivido dei colori del Marocco e in particolare delle mille sfumature di rosso della terra, delle kasbe, della sabbia, delle case di Marrakech e delle mura di Taroudant, dei tappeti berberi, delle ciotole di zafferano e delle bandiere. E poi il verde dei palmeti, delle foglie di menta, delle acacie, dei giardini lussureggianti, dell’albero dell’argan scalato dalle "capre alpiniste". E ancora gli occhioni profondi e vispi dei bambini, l’odore penetrante delle spezie, il sapore insipido dei datteri, i minareti quadrati e moreschi, gli asinelli carichi di mercanzie, le inferriate in ferro battuto colorato davanti a tutte le finestre, i sorrisi della gente, il riserbo delle donne del Sud, l’immensità degli spazi, la brezza dell’oceano, il profumo del tè alla menta, la nostalgia della lontananza.

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