Che ci faccio qui?


I pensieri fioriscono, nella Patagonia Argentina, di Adolfo Carli

Che ci faccio qui? Esistono tanti posti nel mondo dove l'esotismo, le belle spiagge, il mare turchese, i tramonti, il divertimento ed il relax sono assicurati e dove ogni immaginazione e fantasia del turista può e deve trovare forma. Ma in quale album guardare per desiderare partire per la Patagonia? Quello delle sterminate e desolate terre? Quello delle alte ed insidiose montagne? Quello delle imponenti ed impercorribili distese dei suoi ghiacciai? Cos'altro c'era di lusinghiero ed attraente da spiaccicare nell'album del turista, che poteva spingermi a partire?

Forse, dopo tanti anni passati a varcar confini e ad incontrar genti, non é più l'effimera emozione che fiorisce dalle immagini ad incitare la partenza. Allora che cos'è? Perché fiorisce negli occhi uno sguardo che m'invita a guardare oltre il mio territorio? Perché d'affollate faccende in tormento poi emerge, repentino ed irrefrenabile, l'entusiasmo a far sì che anche tutto il corpo desideri partire? Forse, quando rivivrò quei momenti che mi costringeranno a cercare il calore dei ricordi dei miei viaggi, allora saprò dirmi la verità che ancor non conosco. Forse, quando dovrò fermarmi e sedermi sulla riva del torrente per vederlo scorrere, tutto spruzzato dal suo tumultuoso fluire, allora mi farò raggiungere dalla mia anima, irrequieta, per l'eterna unione. Poi .. arriva il momento della partenza! Come in un rito, già conosciuto, che però si rinnova sempre e non nega né incertezze, né inusitate ed infantili paure, vivo anche, mio malgrado, la nostalgia!

Ora sono qui in Patagonia, in questo posto di là del mondo. In queste lande deserte, sterminate e battute dai venti dove, nelle notti d'estate, il cielo non è mai buio e lo spettacolo dell'aurora, con le sue spettrali e guizzanti luci, attrae ed intimorisce. In questa terra dove, in tempi remoti, arrivarono tanti stranieri per cercar oro e fortuna o per lasciar dietro misteri e miserie umane. Ora rimangono stranieri tra loro e condividono sperduti spazi, solitudini mai provate e silenzi laceranti, e la nostalgia per quel che hanno lasciato, nel tempo passato, li coglie ancora. Sono qui dove le strade possono essere diritte fin dove scompare l'orizzonte e dove si può restare orfani d'auditorio per giorni e giorni. Che ci faccio qui, in Patagonia? Sono qui in questa terra lontana dai clamori del moderno, ma esaltata dalla selvaggia e silente natura. Sono qui dove non devi rivendicare gli spazi per la solitudine. Sono qui dove facilmente sei sopraffatto dagli inquietanti silenzi.

Sono tornato dalla Patagonia dove, rapito dalla sua pace e dalle immensità degli spazi, ho vissuto per giorni e giorni, inusitati momenti di serenità e tregua con la mia irrequietezza. Sono tornato dalla Patagonia dove, testimone della mia impotenza umana, ho potuto scoprire che non conoscevo abbastanza bene le mie debolezze per poterle odiare. (Pubblicato il 08 novembre 2007)