La Ciudad de la esperancia


Racconto di viaggio a Città del Messico e dintorni, Messico. Impressioni tra piazze, Zocalo, genti e testimonianze azteche come Teotihuacan, a cura di Laura Barile

La Ciudad de la esperancia Ciudad de Mexico, detta DF (Districto Federal), ha il fascino perverso delle grandi megalopoli che popolano il Sud del mondo proprio perché è immensa, trafficata, brulicante, pericolosa, piena di contrasti e teatro di mille scontri.

E’ la città dove molti tassisti regolari approfittano della loro vettura e del loro mestiere per derubare i passeggeri in pieno giorno, la città dove gli stessi abitanti girano in macchina con la chiusura di sicurezza ed evitano accuratamente certi barrios (quartieri), la città dove è ancora possibile incontrare ragazzini scheletrici con lo sguardo allucinato dai solventi che sniffano per ingannare la fame e dove migliaia e migliaia di famiglie vivono ai margini dell’agglomerato urbano – anche se tecnicamente fanno parte di un altro Stato della federazione – occupando abusivamente a perdita d’occhio intere colline trasformate in enormi favelas, anche accanto alla centrale elettrica e allo scarico delle fogne.



Ciudad de Mexico è una città miraggio dove le notti sono un infinito mantello di luci con il sottofondo dei latrati dei cani randagi e del rumore continuo e pesante dei motori vecchi e scarburati; il sole, invece, sorge tardi al mattino facendosi strada, rosso e rotondo, nella foschia grigio-azzurra dell’orizzonte orlata da una distesa di edifici altrettanto grigi e interrotta qua e là dai grattacieli moderni.

Ciudad de Mexico è il cuore politico del Paese, il luogo dove vengono maggiormente sentite le ingiustizie e i soprusi di una dittatura travestita da democrazia al potere da più di settant’anni. E’ una città piena di cicatrici e di ferite che non si rimarginano, come il ricordo del massacro di centinaia studenti inermi avvenuto nell’ottobre 1968 in piazza delle Tre Culture ad opera di un esercito corrotto e prezzolato: in quel luogo aleggia ancora un’aria lugubre e pesante di rassegnata impotenza, la stessa impotenza con cui anche oggi i messicani sono costretti a subire decisioni ingiuste (come il desafuero del Governatore di Città del Messico al solo scopo di renderne difficile la candidatura alle elezioni presidenziali del prossimo anno) e soprusi personali di ogni tipo.



Ma DF è anche la ciudad de la esperancia, sicuramente è la città della fede, dove è apparsa la Vergine di Guadalupe, protettrice del Messico e di tutte le Americhe, che rappresenta il più importante e portentoso esempio di sincretismo tra religione cattolica e tradizioni religiose preesistenti: questa Madonna, con i tratti somatici di una donna meticcia, è apparsa all’inizio del ‘500 a un povero indio chiedendo che le venisse edificata una basilica nel luogo della sua apparizione e per dare una testimonianza della propria presenza disse al veggente di cogliere dei fiori che fece sbocciare sul colle Tepeyac, nonostante fosse dicembre, e di portarli al vescovo; in presenza del prelato l’indio lasciò cadere il mantello che portava sul braccio e i fiori si impressero sulla stoffa formando l’immagine della Madonna che ancora oggi è esposta nel santuario a lei dedicato - nel corso dei secoli ne sono stati costruiti quattro - meta di infiniti e devoti pellegrinaggi. continua "La Ciudad de la esperancia" (Pubblicato il 17 maggio 2005)