Diario di viaggio in Malesia


Diario di viaggio in Malesia nel suo consueto stile Lonely Planet, di Marco Ciccone

Diario di viaggio in Malesia E’ impagabile l’emozione che si prova nel nuotare pochi metri sopra uno squalo, o nel vedere affiorare di fianco alla propria canoa, la testa di una tartaruga marina. Questi sono solo parte dei momenti e delle immagini che mi ha regalato la Malaysia nel mio secondo viaggio con Cristina.

Come mio solito, l’ho preparato per mesi, scovando libri di storia, politica, romanzi, favole e racconti di viaggio, tra i quali ho assunto il diario di Cerruti - “Tra i tagliatori di teste”, Ed. Ecig - come musa ispiratrice per realizzare tre settimane di full immersion nella cultura malese, tra città coloniali, foreste pluviali e spiagge immacolate.

Siamo atterrati a Kuala Lumpur di mattina stralunati dal fuso orario, decidendo per questo motivo di prendere un taxi fino all’albergo (che per due persone costa poco più del trenino veloce), l’Impiana, molto comodo oltre che pulito, scelto per la vicinanza alla strategica, brulicante e asfissiante stazione degli autobus di Puduraya.



L’impatto con KL non è stato dei migliori e questo non solo per via del fuso. E’ molto caotica, anche se non è nulla in confronto a Bangkok, e tranne che per poche attrattive, secondo noi non merita grandi attenzioni, visto che in Malesia peninsulare ci sono città con molta più storia e atmosfera. Come prima cosa abbiamo cercato di organizzarci per visitare il Taman Negara (da più parti indicata come la foresta pluviale più antica al mondo).

Dall’Italia diversi resort e tour operator locali non hanno mai risposto alle mie e-mail o fax, scoprendo, anzi confermando alcune lacune dal punto di vista organizzativo da parte dei malesi (NdR. Non è una lacuna solo malese: sono molti gli operatori turistici non avvezzi all’uso di Internet…). Dopo inutili peregrinazioni siamo arrivati al Matic, dove un disponibile impiegato ci ha trovato posto al Nusa Camp (una soluzione poi rivelatasi ottimale) purtroppo solo in camerata, perché a suo dire era tutto pieno.

Un po’ delusi dall’idea di dividere la stanza con altre persone, e il bagno con gli insetti del parco, abbiamo concluso la serata al Kaptain Club con Beatrice e Ivo, due amici di Monza che come noi hanno scelto questo paese per trascorrere le proprie ferie.

La mattina seguente, con gli effetti residui del jet-leg ci dirigiamo di buon ora – ma non abbastanza - al KLCC per salire sulle Petronas: ci toccheranno ben due ore di coda per prendere il tagliando di ingresso per le 12.30, e meno male che era un giorno infrasettimanale…

Approfittiamo del tempo a disposizione per girovagare per il centro commerciale e gli antistanti giardini, da dove si colgono bellissime vedute delle torri. Al terzo piano scoviamo Chocz, per quanto mi riguarda l’unico luogo al mondo fuori dall’Italia dove sanno fare un vero caffè espresso. Al quarto, dedicato ai ristoranti, attratti dai cibi che girano sul nastro trasportatore decidiamo di provare il sushi bar. Buono e molto a buon mercato rispetto agli standard nipponici.

Il resto della giornata lo trascorriamo per i luoghi classici della città: la sopravvalutata vecchia stazione e il Bird Park, che nonostante sia reclamizzato come la più grande voliera al mondo, è costoso e la maggior parte degli uccelli è rinchiusa in piccole gabbie. Concludiamo il pomeriggio visitando Masjid Jamek, una moschea che dà il meglio di sé vista da lontano, dato che a differenza di quelle dei paesi arabi non ha al suo interno arazzi o mosaici, e soprattutto è priva di quella spiritualità tipica dei luoghi di culto.

E’ possibile entrare a qualsiasi ora, eccetto ovviamente durante le preghiere, con l’unica accortezza, per le donne, di coprirsi braccia e capelli. continua "Diario di viaggio in Malesia" (Pubblicato il 15 settembre 2004)