Natale e Capodanno in Oman


Racconto e itinerario di viaggio in Oman, tra tradizioni e modernità, di Simona Portaluppi

Natale e Capodanno in Oman “ Dove????"... Ma che ci vai a fare????”... mi sono sentita ripetere più volte da amici e colleghi con volti contratti in espressioni tra l’interrogativo e lo scandalizzato di fronte alla mia ammissione di voler trascorrere le feste natalizie in Oman. Quanto alla mia famiglia, beh, loro malgrado ci sono abituati: sanno che quando mi metto in testa di partire non c’è festività o allarme attentati che tenga.

Il fatto tuttavia di andare in un paese islamico abbastanza integralista, confinante con l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e lo Yemen, separato dall’Iran solo dal Golfo dell’Oman ha inquietato un pochino anche loro. Ammetto di essere stata spinta anche da un desiderio di caldo e sole oltre che da un profondo interesse culturale e paesaggistico.



Non sapevo quasi nulla dell’Oman, se non che era un sultanato, che distava poco da Dubai ed era patria del celebre “Al Bustan Palace”, l’hotel più bello del Medio Oriente della cui esistenza avevo appreso su qualche rivista in passato. Inoltre, l’Oman si trova nel nostro stesso emisfero, ha un clima opprimente durante i mesi estivi e piacevole durante l’inverno, stagione fortemente consigliata per una visita. Ho imparato che il sole splende e scotta durante il giorno, permettendo bagni in piscina e tintarelle, ma appena giunge la sera la temperatura cala di una quindicina di gradi e occorre coprirsi un po’ di più. Ho visto qualche nuvoletta, e qualche volta piove, cosa che onestamente ignoravo, ma soprattutto non oso pensare a quanto si possa soffrire ad inoltrarsi nel deserto omanita a luglio.

Arriviamo all’aeroporto As Seeb, che dista 37 chilometri da Muscat, una città formata da quattro satelliti separati tra loro da diversi chilometri. Il nostro hotel si trova a Qurm Beach, zona residenziale a metà strada dalla città, caratterizzata dalle abitazioni bellissime di ricchi residenti o dirigenti europei espatriati per ragioni di lavoro. La spiaggia si estende per alcune miglia prima di terminare dinnanzi ad un piccolo promontorio. La zona adiacente è segnata da colline e le strade salgono, scendono e vi girano intorno.



Tirate le somme, non è possibile girare a piedi per Qurm Beach, e tanto meno per Muscat! E’ necessario prendere un taxi o affittare un’automobile per potersi spostare da un centro urbano all’altro. Di autobus se ne vedono pochi ed è piuttosto difficoltoso individuare le fermate. Si capisce che sono in pochi a usare i mezzi pubblici: ci sono in giro parecchie auto... e che auto!!! Sfrecciano certi bolidi lucidi e veloci che denotano un tenore di vita decisamente alto, non si contano i fuoristrada Toyota mentre di utilitarie non c'è nemmeno l’ombra... E' buffo vedere alla guida giovani con le tuniche bianche immacolate e in testa il copricapo bianco fermato da una fascia ricamata, ovvero costumi islamici mescolati al simbolo numero uno del consumismo occidentale: l'auto di lusso.

Ci aggiriamo tranquillamente per le strade. Io indosso sempre pantaloni o la gonna lunga, e T-shirt. Non mi sembra rispettoso mettere troppo in vista le mie grazie considerando che tutte le donne omanite sono coperte dalla testa ai piedi. Purtroppo il fatto di essere bionda e con la carnagione chiara non mi fa passare comunque inosservata. Sento gli occhi che si posano continuamente su di me, anche se non con la stessa insistenza avvertita in altri paesi arabi.

E' fastidioso, ma lo è anche di più essere bandita da locali e ristoranti - sempre e solo per uomini - essere trattata come un suppellettile, incapace di esprimere opinioni che vengono in ogni caso ignorate. Me la prendo ogni volta come fosse un fatto personale, ma poi mi costringo ad accettarlo. Qui, io sono un ospite. Questo non è il mio paese, non è la mia cultura, e soprattutto non è il mio credo. Mi trovo in un mondo completamente diverso dal mio, tra comportamenti che non condivido, ma se voglio rimanere non mi resta che adeguarmi. D’altra parte non approvo nemmeno ciò che avviene a casa mia, dove il corpo femminile viene messo fin troppo in mostra. Mi riprometto di documentarmi di più sulla condizione femminile da queste parti. Non è possibile generalizzare ogni volta che si parla di “Medio oriente” o di “paesi mussulmani”: ogni Paese ha i suoi costumi diversi, più o meno integralisti.

Le donne si muovono quasi sempre in gruppo. Sono tutte, rigorosamente in nero, a volto scoperto, a volte soltanto con gli occhi scoperti. Sono truccatissime, e da sotto la tunica si intravedono abiti colorati e scarpe moderne e care.

I centri commerciali pullulano di negozi di alta moda italiana, sempre ricchi di clientela femminile, allo stesso modo i tantissimi orefici. La mia impressione è che la tunica nera sia come una divisa che le donne devono indossare quando escono di casa, per non mostrarsi nelle loro forme a chi non è loro coniuge, ma dopo tutto. ciò non significa rinunciare alla proprio femminilità...

Ci sono moltissimi indiani e pachistani i giro, riconoscibili dalla tunica, colorata nei primi e bianco panna con i pantaloni larghi nei secondi. Anche i copricapi sono differenti. Le donne indiane si distinguono per Sari meravigliosi dalle tinte pastello, per i volti scoperti, per le mani e piedi dipinti con la tintura di hennè. Si tratta di un'arte tatuaria antica e densa di significati...

Il corpo delle donnne indiane è una tela su cui imprimere magnifiche immagini floreali o tribali destinate a sbiadire in pochi giorni per lasciar spazio a nuovi disegni. Occorre avere polso fermo, molta creatività e concentrazione, nonché esperienza, tutte doti di cui sono sprovvista visti i pessimi risultati ottenuti con il tubetto che ho acquistato lo scorso anno a Dubai. continua "Natale e Capodanno in Oman " (Pubblicato il 01 dicembre 2018)