Amazzonia


Racconto di viaggio lungo il Rio delle Amazzoni, dell'Amazzonia del Brasile, di Cesare Pastore

Amazzonia Sito o fonte Web: www.campervagamondo.it Risaliamo la costa atlantica fissando le tappe da un posto di mare all’altro. A Rio de Janeiro si presenta il consueto problema di tutte le grandi città: come trovare un posto tranquillo e sicuro, dove pernottare. E' particolarmente difficile, perché la città degrada ripida verso le spiagge e i quartieri residenziali sono in mezzo alle favelas, abbarbicate a canaloni, dove è impossibile costruire, e che spesso sono a poche centinaia di metri in linea d’aria dagli alberghi e dai condomini di lusso, quasi nascoste fra un grattacielo e l’altro. Dopo aver cercato a lungo, alla fine dobbiamo spostarci di quasi quaranta chilometri dal centro per trovare un campeggio sul mare. Ogni giorno ci facciamo due ore di bus per arrivare in città. In uno di questi viaggi quotidiani nella calca cercano, senza riuscirci, di sfilarci il portafoglio. Nel centro di Rio ci sentiamo insicuri e ci aspettiamo da un momento all’altro di venire aggrediti o derubati.



A nord le spiagge e le piacevoli località di mare si susseguono fino a Porto Seguro dove fervono i preparativi per il "Cinquecentenario" della scoperta del Brasile, perché proprio qui toccarono terra nel 1500 le navi portoghesi salpate da Lisbona. Passata Goiana ci fermiamo a un accampamento del MST, i sem terra, il movimento dei braccianti agricoli senza terra che si batte per la riforma agraria e che occupa i terreni inutilizzati. Marcio Ricardo, responsabile della piccola comunità, ci fa da guida. E’ un mondo di povertà assoluta: davanti alle capanne di bambù ricoperte da teli di plastica fumano fornelli dove cuoce un misero cibo, i piedi si muovono su una terra rossastra e viscida... Marcio spiega che in Brasile la metà della terra coltivabile è posseduta da pochi latifondisti, una delle peggiori proporzioni al mondo. I suoi uomini si preparano a invadere nei prossimi giorni un latifondo. Dovranno affrontare squadre della polizia militare. Non sarà la prima, né l'ultima volta: i morti del movimento sono già centinaia. Ci sentiamo sopraffatti dalla vergogna, noi con le nostre macchine fotografiche al collo. Il camper fiammante parcheggiato davanti a questi diseredati ci sembra quasi un’offesa, una provocazione. Questa purtroppo è la realtà del Brasile dove accanto a una grande ricchezza esistono tanta povertà e un’intollerabile ingiustizia sociale.

Vogliamo essere a Salvador Bahia per la prima settimana di marzo in occasione del carnevale che richiama oltre tre milioni di visitatori da ogni angolo del paese. Salvador è forse la città del Brasile che più ha conservato la sua anima africana e il carnevale è una vera esplosione di gioia popolare. Non è scenografico come quello di Rio con i carri allegorici sfavillanti di colori e di splendide donne.

A Salvador, folle enormi, con le magliette dei colori del gruppo, seguono i trios eletricos, autotreni di dimensioni gigantesche con sopra le bande che suonano ritmi travolgenti amplificati da altoparlanti potentissimi. La baldoria dura tre giorni e quattro notti, poi lentamente la città riprende la sua vita normale: si smontano i palchi e le transenne, si tolgono le coperture di tavole a protezione delle vetrine dei negozi, si raccolgono tonnellate di rifiuti e lattine di birra, gli idranti dissolvono l’odore di marcio e di urina, e anche il camping, che era gremitissimo, si vuota e nello spazio di una mezza mattinata restiamo solo noi e qualche tenda sparsa. Salvador Bahia non è solo carnevale, ma anche una splendida città d’arte con chiese dalle sontuose decorazioni e un quartiere coloniale, il Pelourinho, che è stato magistralmente restaurato.

Lasciamo la costa e pieghiamo verso ovest, il Far-West brasiliano, non meno sterminato di quello nordamericano. I giorni di guida sono monotoni e il paesaggio ci circonda sempre uguale: grandi estensioni coltivate a soia e pascoli con migliaia di mucche. La strada è un continuo saliscendi e la qualità dell’asfalto va dall’ottimo al catastrofico con tratti di centinaia di chilometri pieni di buche. continua "Amazzonia" (Pubblicato il 12 gennaio 2004)