Non c'è due senza tre...


Aprile 2003. Afghanistan. Non c'è due senza tre..., saggio di Vincenzo Floramo

Non c'è due senza tre... Sito o fonte Web: www.floramo.it 08 Aprile 2003 Non c'è due senza tre...

La situazione odierna in Iraq fa passare in secondo piano altre notizie importanti alle quali non viene dato il peso che meriterebbero. Mi riferisco sopratutto al razzo sparato contro il quartier generale dell'Isaf a Kabul. Questo fatto ci ricollega alle problematiche che susseguono alla fine di una guerra, iniziata con lo scopo di riportare la democrazia nel Paese. Gli Stati Uniti, travestiti da paladini della giustizia nell'atto di liberare un popolo dagli opressori, una volta raggiunti i propri interessi, dimenticano questo popolo.

L'Afghanistan è una terra storicamente instabile dove da vent'anni non c'è pace. Dal 1979, data dell'ivasione Russa , c'è stato un sussegursi di prese di potere da parte delle varie fazioni e tribù del paese. L'arrivo dei talebani nel 1994 diede un filo di speranza al popolo che bramava un po' di tranquillità. Dalla ritirata dell'esercito russo nel 1989 l' Afghanistan era caduto nella totale anarchia dove i diversi gruppi di mujahideen si combattevano fra di loro per conquistare il potere. Paradossalmente la capitale Kabul subì i più grossi bombardamenti durante il periodo postsovietico. La determinazione dei talebani, dovuta dalla certezza di invincibilità garantita dalla fede, ha fatto sì che conquistassero il novanta per cento del territorio in soli due anni.

Vennero sequestrate tutte le armi e la sicurezza venne ristabilita a costo però di una dittatura repressiva. Come già noto, gli aiuti finanziari iniziali arrivarono dagli stati Uniti tramite l'alleato Pakistano. La società petrolifera statunitense Unocal aveva già preso dei contatti iniziando le pratiche per portare a termine il compimento di un gasdotto che avrebbe fatto arrivare il combustibile dal Turkmenistan al Pakistan, eliminando cosi la dipendenza dall'Iran. "Purtroppo per gli americani" il governo dei talebani non venne riconosciuto dalla maggior parte delle nazioni a causa delle violazioni dei diritti umani praticata dai teologi mussulmani. L'isolamento internazionale ed il fondamentalismo da parte del governo ha fatto si che poi un personaggio come Osama Bin Laden trovasse in Afghanistan un luogo perfetto per organizzare la sua rete terroristica. Di tutto ciò il popolo afghano non ha la minima colpa, ma come sempre è successo è stato spettatore impotente di fronte agli eventi. Così anche ora, dopo che gli Stati Uniti sono andati a salvare la gente afghana dalla tirannia talebana, la situazione non è migliorata più di tanto. I signorotti della guerra continuano a comandare differenti zone del paese, la produzione e lo spaccio dell'oppio sono aumentati vertiginosamente, il paese è ben lontano da cio che promettevano gli americani, ossia dalla stabilità.

In Iraq non è ancora prevedibile sapere come andranno le cose. Si parlava di guerra tecnologica, quasi senza vittime, con bersagli unicamente strategici, ma i fatti non sono andati così. Non è ancora chiaro quando e a quale prezzo gli alleati riusciranno a vincere la guerra e secondariamente anche se dovessero vincere, quale sarà il vero sentimento della popolazione irachena. Gli Alleati stanno agendo irresponsabilmente su molti fronti senza quasi domandarsi e valutare le possibili conseguenze di come ogni loro azione giungerà alle orecchie a ai cuori di un miliardo di mussulmani. Ormai non si tratta più di prevedere la quotidianità in cui le etnie irachene - poco propense a convivere - si troveranno da un giorno all'altro sparate. Ciò che salta all'occhio è che "l'esperienza Afghanistan" non è stata sufficente a far capire che non è questo il modo di risolvere i problemi delle terre lontane, e covo più paura che mai nell'immaginare quel che succederà dopo l'Iraq. La lista degli "stati canaglia" è ancora lunga... (Pubblicato il 10 gennaio 2004)