Diario di viaggio in Malesia


Inserito il: 14/09/2004 da Marco Ciccone
Email: ciccone.marco@inwind.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Marco+Ciccone
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Il ritorno a Kuala Lumpur è stato traumatico, tanto eravamo abituati ai suoni piacevoli della foresta, specialmente perché ho deciso di affrontare subito gli urlatori della stazione Puduraya. L’itinerario - improvvisato - prevede ancora due notti a KL per effettuare la gita a Melacka. Nell’attesa, ci riposiamo con una buona cena all’Old China Cafè, un locale ben recensito, curato e in cui si mangia davvero bene (il dolce di riso è stata l’ultima delizia del nostro pasto). Tornando verso l’albergo, veniamo attratti da una vetrina che all’apparenza si nasconde tra le luci serali di Chinatown: già varcando la porta si entra in un’altra dimensione, con la rilassante musica di sottofondo che allontana il fastidioso frastuono del traffico. E’ un locale per massaggi, si chiama Reborn. Si ispira allo stile di Taiwan. Molto più energico di quelli thailandesi o cambogiani che avevo già provato, il massaggio si è rivelato un favoloso toccasana per i nostri piedi.

Abbiamo deciso di visitare Melacka viaggiando con i bus locali, risparmiando tantissimo (8 RM a tratta, mezzi fino alle 22.30), ma scoprendo anche che - chissà per quali motivi - non è possibile acquistare il biglietto di andata e ritorno, cosa che ha leggermente scombinato i nostri tempi. Con una sola giornata a disposizione non abbiamo gustato appieno la città, però in poco tempo e nonostante il caldo asfissiante nelle ore centrali si riesce lo stesso a visitare tutti i luoghi di maggior interesse. Noi abbiamo seguito quasi alla lettera il percorso ben segnalato dalla LP, scoprendo e valorizzando una cittadina molto gradevole (anche se alla fine la nostra preferita resterà Penang), in cui si può respirare una storia millenaria di più invasioni e colonizzazioni da parte di quasi tutte le potenze mondiali, vecchie e nuove. Al proposito, è davvero valido il museo (probabilmente il migliore della Malaysia) allestito all’interno dello Stadthuys, mentre non lo è altrettanto Harper’s, definito uno dei migliori ristoranti della città: per la verità, è in ottima posizione e il cibo è buono, ma oltre ad essere costoso non ha nulla a che vedere con la cucina baba nyonya.

Il giorno successivo abbandoniamo finalmente KL, speranzosi di un po’ di sollievo dall’afa e dal rumore per le colline delle Cameron Highlands. Abbiamo incontrato un po’ di difficoltà a salire sull’autobus in quanto una sola compagnia viaggia senza scali per le Cameron, la Kurma Bistari, ed è sita al counter 39. Si tratta di una linea usata prevalentemente da turisti con lo zaino, con solo 4 corse giornaliere, con l’impiegato che apre la biglietteria a suo piacimento e a volte espone un cartello indicante di rivolgersi al counter adiacente. Tanah Rata la tranquilla cittadina più caratteristica delle Highlands, è tutta raccolta attorno alla via principale, costellata di edifici straordinariamente in stile alpino: se non fosse per gli ideogrammi cinesi, avremmo pensato di essere arrivati in Val d’Aosta. Anche per la gradevole temperatura di questo periodo, la zona attrae un buon numero di turisti (ma pochissimi italiani) con tanto di prezzi maggiorati. Strapagheremo una stanza al Jurina, erroneamente inserito dalla LP nella categoria media. È un classico esempio di sfruttamento di pubblicità gratuita. Ci sono diversi ristorantini all’aperto sulla JL Besar, dove la pietanza più gettonata è rappresentata da una pentola a gas, in cui i cibi vengono cucinati e conditi dagli stessi clienti a loro a piacimento, per stare in tema, a mo’ di bourguignon. Ne abbiamo molto apprezzato uno al chiuso, l’Orient, annesso all’omonimo hotel ben poco attraente, in cui le abbondanti e buone portate vanno da 6 a 10 RM.

Chi arriva fin qui, è attirato dalla possibilità di visitare le piantagioni di tea o per le passeggiate, ma nella maggior parte dei casi non ci si ferma più di una o due notti. Una buona soluzione perciò, consiste nel partecipare ad un’escursione con una delle tante agenzie in paese che offrono gli stessi servizi allo stesso prezzo. Per 15 Ringitt si partecipa ad una gita di mezza giornata per visitare le attrattive principali della zona, tra cui meritano una menzione il Sam Poh Temple che, nonostante le piccole dimensioni, conserva una sua spiritualità, e ovviamente una delle diverse Tea Farm, sebbene la cosa che ci ha fatto più impressione è stato il rettilario con i più giganteschi insetti e ragni che si possano immaginare. Molto interessanti anche i classici sentieri della zona: noi abbiamo percorso in autonomia il 9 e 9A che ci hanno fatto spuntare dopo più di un’ora di trekking nella foresta nel mezzo di un campo di ortaggi durante l’innaffiamento... Da Tanah Rata con la solita e unica compagnia ci sono dei collegamenti giornalieri con KL e Penang via Ipoh, attraverso due strade, la nuova e più breve delle quali permette di raggiungerla in 5 ore.

Avevo letto molto su Penang, non fosse altro perché questa città che ha accolto le gesta del nostro eroe Cerruti, ma non mi sarei mai aspettato che l’avremmo trovata così interessante. E’ indubbiamente la città malesiana a più influenzata dalla Cina, con i templi e i palazzi meglio conservati in assoluto. Un esempio significativo è, secondo noi, la Cheong Tze Fatt Mansion, e non perché ci abbiamo alloggiato. L’ambiente, restaurato, ha ricevuto un premio UNESCO, e mantiene un fascino tutto particolare: le stanze sono curate fin nei minimi dettagli, spaziose ed accoglienti e, cosa di non poco conto, rappresentano un affare dal punto di vista economico (232 RM con colazione) se comparate con alberghi di livello di molto inferiore in questa e in altre città. Inoltre la casa fornisce un bel colpo d’occhio tanto è circondata e assediata da moderni alberghi e grattacieli.

La Cheong Tze Fatt Mansion è opera di facoltoso uomo d’affari nato 150 anni fa, passato alla storia come il primo capitalista cinese, che ne aveva fatto la sua residenza principale. Tutto ha un preciso disegno: ad esempio la posizione non è parallela alla strada, ma segue la direzione del flusso dell’energia vitale. La tenuta, molto ampia, comprendeva anche il bar e il ristorante indiano ora sorti sulla strada di fronte, ed è stata salvata dal degrado e riportata agli antichi splendori solo dopo la morte dell’ultimo nipote del fondatore, nel 1989. La costruzione è stata teatro, nel 1993, del film premio Oscar “Indochina”, per le cui riprese fu dipinta completamente di rosso, costringendo poi restauratori ad un ulteriore sforzo per riportarla al suo originale colore, che le ha valso il soprannome di China Blue o The Blue Mansion.

Penang è una cittadina molto piacevole in generale. Offre notevoli spunti di interesse storico, figlia di un crocevia di culture e religioni millenarie, ma la cosa che più colpisce è l’armonia. Bastano pochissimi passi in una strada, la Jalad Masjid Kaptain Keling per rendersene conto: mentre un delicato profumo si leva dai bastoncini di incenso che bruciano nel tempio della Misericordia e il grido del muezzin risuona nell’adiacente moschea Kaptain Keling, le note di un inno sacro escono dalla St George Church, in cima all’incrocio, il tutto mentre dall’altra parte del marciapiede un risciò è fermo davanti al tempio hindù di Sri Mariamman, adornato da coloratissime ghirlande di fiori. Fosse tutto il mondo come questa Strada dell’Armonia…     continua "Diario di viaggio in Malesia"

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