Rhum in the room


Inserito il: 15/11/2007 da Giorgio Lucchini
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La signora Afè ci ha preparato una merendina, una frittata con verdure da lasciarci il cuore. Eddie non arriva, quindi prendiamo la prima jeepnej che passa prima che diventi troppo scuro. A Sabang, si è ormai diffusa la voce del mio compleanno. Tutti mi fanno gli auguri... Bello, ma non posso umanamente offrire da bere a tutti quindi mi limito a ringraziare con grandi sorrisi. Qualcuna ha fatto casino, e devo pure andare a disdire la cena al Dap Dap. Il programma era quello di fare gli spaghetti al Blu Bamboo. Cerco di rilassarmi, ma ricevo continue visite di gente che vuole farsi invitare e talvolta devo capitolare. La tavolata si allunga. Spero di avere abbastanza soldi. Nonostante i prezzi bassi non ho davvero nessuna voglia di fare brutte figure. Dopo una doccia, ci incamminiamo, non senza prendere un paio di bottiglie di Tanduay di scorta e aver offerto un paio di birre ad un tavolo di ragazzotti che non potevo invitare. A destinazione, prendo possesso della cucina sotto lo sguardo attento e preoccupato della cuoca. Le pentole non sono il massimo, i fuochi sono sconosciuti, ma mi calo nella parte di chef e creo uno spaghetto aglio olio e peperoncino degno di nota, gradito pure da qualche americano di passaggio. Mentre davanti a una candela (usanza del posto) mi cantano happy birthday, salta fuori una bottiglia di Custoza, che il mio amico aveva comprato a Puerto. Erano anni che non passavo un compleanno così, coccolato come non mai a migliaia di chilometri da casa. Mi commuovo. Recupero Imelda, e alla luce delle torce dirigiamo al Dap Dap dove ci aspetta un gruppetto di persone. Tiro fuori dallo zaino l' altra bottiglia di Tanduay e cominciamo a familiarizzare, naturalmente nel modo filippino, cioè un solo bicchiere che ci si passa. Dopo un po' e qualche piatto di pesce, Mania accende il karaoke, passatempo nazionale, e i nativi si scatenano. Le canzoni sono americane, e tutte romantiche. Comincio a sbadigliare, ma per fortuna arriva Roberto, il resto della combriccola e un'altra bottiglia. Apro le danze. Imelda è molto imbarazzata. Al momento del conto, manca qualcosa. Lascio un “chiodo” che prometto di saldare al ritorno da Port Barton... Incrociando qualche pescatore che alla luce delle lanterne sta prendendo il mare, arriviamo ai cottages per il solito intervento divino. Ancora una volta, Imelda non si concede. Probabilmente proprio non le piaccio. Mi accontento della meravigliosa giornata appena vissuta...

Un magnifico sole accompagna le tre ore di barca. Capitan Elmer sonnecchia nei fumi della sbornia, noi siamo carichi: io per la novità, Roberto perchè ama quei posti, Imelda perchè rivedrà suo fratello dopo tanto tempo, se non ha detto una delle sue solite bugie. Con noi c'è una coppia di orientali, con cui dividiamo le spese, ma se ne stanno per gli affari loro. Sullo sfondo passano isole meravigliose, e ogni tanto qualche pesce volante guizza riflettendo i raggi del sole, picchia e cabra come il “Barone Rosso” facendo marameo ai nostri tentativi di cattura. Sbarchiamo davanti all' Eldorado, da Dan, un italoamericano conosciuto casualmente a Puerto. Il posto è simpatico, e concedo a Imelda una stanza tutta per lei. Il paese è piccolo, la gente mormora... Port Barton è una baia molto tranquilla con una spiaggia di sabbia finissima e acqua cristallina. La gente è cordiale, e girando per le strade ti sorride ed è curiosa. Rivediamo molti degli europei incontrati a Sabang. A differenza di noi, loro sembrano proprio turisti. Passiamo la giornata crogiolandoci in quella tranquillità, filosofeggiando fino a sera. Imelda va a dormire presto. Io e Roberto non ci riusciamo. Ci inventiamo la solita burla ridacchiando come monellacci. Al mattino, attrezzati di tutto punto e senza presenze femminili, dirigiamo verso la spiaggia dove ci aspettano i nostri amici, Capitan Elmer porta qualche cocco, noi abbiamo la nostra papaia e altri ci mettono il pesce, tutto quello che ci vuole per una colazione su una spiaggia deserta. Dopo un'ora di barca giungiamo all' isola dove Jesus - uno spagnolo conosciuto il giorno prima - si sta costruendo una casa, non prima di aver assistito ad un documentario in diretta. Un'aquila volteggia sopra un costone e ad un certo punto dal fogliame si alzano due piccoli uccelli e la attaccano con ferocia, probabilmente per difendere i piccoli, fino a costringerla alla fuga. Nonostante i suoi dieci anni, il figlio di Jesus è un esperto conoscitore di conchiglie. Un vecchio collezionista gli ha lasciato in eredità una collezione di inestimabile valore. Stupito dalla sua competenza, mi ritrovo ancora una volta a pensare che solo viaggiando si ha modo di conoscere delle cose diverse, e ovviamente a come fare per viaggiare sempre. Prima di incupirmi contro il solito scoglio, i soldi, cambio pensieri.

Il posto è stupendo: due capanne, una baia tranquilla, palme e una piccola cascata per lavarsi. I lavoranti di Jesus hanno catturato due Pavoni reali, simbolo di Palawan, e Jesus pagandoli li costringe a liberarli, per buon auspicio. Mangiamo pesce cucinato in maniera semplice e gustosa, naturalmente con le mani, poi ci concediamo un lungo bagno. La temperatura dell'acqua è incredibile, per cui ci schiodiamo solo quando viene l' ora di ripartire. Ormai simili a Tigrotti di Monpracem, fantastichiamo su improbabili avventure piratesche. Il mare che comincia a ingrossarsi. Io e Roberto, nei primi posti, ci facciamo un sano idromassaggio di acqua di mare, nulla in confronto a quanto vediamo poi, su una piccola imbarcazione che si avvicina sulla destra, stracolma di persone, il cui pilota - in piedi con le “briglie” in mano - sembra cavalcare le onde. E' una scena d' altri tempi ed è un piacere vedere come riesce a evitare gli scogli senza rovesciarsi. Il mare si è calmato quando approdiamo a Manta Rei. E' un posto da favola... Dopo aver visto come procede la costruzione della barca di Jesus, imbocchiamo un sentiero tra la spiagga e la giungla per raggiungere Tiziana e le altre signore vicentine, che vivono lì. Ci guida un bimbetto timido che però ispira sicurezza. Incrociamo un gruppetto di bimbi, tra cui uno non vedente. Ci salutano contenti. Scopriremo che tornavano da una lezione a casa delle “vicentine”. Giungiamo ad una bella casa, naturalmente immersa nel verde. Davanti alle ospiti, trasferitesi da una quindicina d'anni, e a buon caffè, cerco di saperne di più sulle Filippine. Ascolto storie di scimmie che rompono e rubano gli specchi per vedersi (le nostre nuove amiche sono costrette a coprili con un telo per salvarli), oppure di scimmie che hanno imparato ad aprire il frigorifero e rubare le banane (e infatti ad un certo punto una delle sorelle corre in cucina a salvare il salvabile). Purtroppo, non riesco a vedere nemmeno una scimmia. Credo che mi osservino nascoste tra il fogliame, naturalmente ridendo dei miei sforzi. Quando arriva l'ora della partenza, stavo ormai acquistando un pezzo di terra... Riprendo il mare con la testa tanto piena di sensazioni che il cervello pare scoppiare. Prima di arrivare a Port Barton, eincorciamo un grande peschereccio affollato di persone vestite di colori sgargianti, distribuite sui vari bilancieri, che pare un grande albero di natale sul mare. Ci sbracciamo a salutare gli “zingari del mare”, che ricambiano urlando qualcosa. A terra, ci beviamo l'ultima birra in compagnia, in un posto sulla spiaggia.

Imelda ci viene incontro, sorridente... E' bello, dopo una giornata di mare, essere accolti così, con un bel sorriso. Si cena con un Maialino, e il tutto si trasforma in una bella festa con gli altri ospiti del locale. Imelda non c'è. E' andata a vedere il fratello che gioca a basket, e cerco di divertirmi con Jesus, Giuseppe e Roberto, con cui formiamo ormai una combriccola affiatata. Imelda non torna. Vado a dormire preoccupato e risentito, ma non ci riesco molto e esco un paio di volte a vedere se è tornata. Faccio i pensieri più strani, fumo una sigaretta per calmarmi, combatto con zanzare a cui non sembra vero vedere un pasto a quell'ora. Anche Roberto è preoccupato. Al mattino, la Pinocchia si presenta tranquillamente a colazione. I commenti si sprecano... e le sue rassicurazioni anche...

Capitan Elmer ha acquistato un gallo da combattimento, che coccola come un bambino. Non ha nulla da dire quando comicio a nutrirlo con pezzetti di cocco. La barca sfreccia sul mar cinese meridionale, fino a che... si ferma. Il meccanico di bordo fa il solito miracolo, e dopo vari scongiuri e una mezz' oretta di sosta riprendiamo la traversata verso Sabang. In un punto imprecisato troviamo un' assembramento di barche. E' il mercato del pesce. Elmer si "tuffa" per raggiungerne il centro, dove acquista un sacco di pesce, naturalmente ancora vivo. Pregustiamo un ricco kinilao, pesce crudo, tagliato a pezzetti con spezie, aceto, kalamansi (limone locale) e altro. Gli regalo una delle mie storiche magliette, con cui entra in porto in piedi, sulla prua, in modo che tutti lo vedano. Mentre sto saldando il conto lasciato in sospeso per il compleanno, arriva Captain Elmer con il kinilao, che consumiamo con una bottiglia di Tanduay, naturalmente allungato con acqua, e naturalmente con un solo bicchiere. E' un rito, masarap in lingua locale. Dividiamo tutto con tutti quelli che ci sono finché non rimane nulla. Quando siamo ben allegri e cotti, arriva un messaggero del Segretario del Barangay Captain che ci invita a casa sua. Si tratta di Eddie, marito della signora Afè. Prendiamo la prima jeepney disponibile per Cabayugan. Comincio a pensare di essere fuori dalla realtà: da che sono arrivato, non ho avuto che qualche ora di pausa. Le novità si susseguono e... spero di non svegliarmi tanto presto.

Rimaniamo a Sabang qualche altro giorno. I progressi con Pinocchia sono decisamente pochi... anzi non ci sono: parliamo, stiamo bene (credo) insieme, ma non scocca la scintilla che ci vorrebbe. Le caviglie cominciano a ribellarsi alle sollecitazioni continue a cui le sottopongo e si gonfiano in modo abnorme facendo preoccupare tutti a parte me che sono notoriamente incosciente. Anche se cerco di non farlo notare è una sofferenza fare anche qualche passo, tanto che sono costretto a rinunciare ad un giro nella giungla alla ricerca di serpenti e nativi con una guida indigena. Roberto me lo rinfaccerà per molto tempo, nonostante le mie assicurazioni che lo faremo la prossima volta... se sopravviverò. Alla nostra combriccola si è aggiunta Michelle, una ragazza conosciuta al compleanno, dove aveva familiarizzato con Roberto. Per smuovere la mia situazione sentimentale, ormai più preoccupante di quella fisica, organizziamo una cena per soli uomini in un locale sulla spiaggia dove ci sono un paio di cameriere diciamo... facili. Un disastro. Ho raggiunto lo scopo di fare ingelosire la Pinocchia, ma invece di costringerla a passare a vie di fatto, ho ottenuto l'esatto contrario. Ora è gelosa e impermalita. Continuerò a passare le mie notti a farmi divorare dalle zanzare e a parlare con le stelle meravigliose di Sabang.

Attendiamo Giuseppe e Jesus, che dovrebero portarci a Puerto e poi a El Nido, ma un mattino bigio, in sintonia col mio stato d'animo all'avvicinarsi del giorno della partenza un messaggio - che conservo ancora - ci avverte che tutto questo è saltato. Ci consoliamo con un kinilao, e col Tura Tura in una delle sue pause del trasporto. E' curiosissimo dell'occidente, come anche Daniel, il bambino sordomuto. Gli mosro un paio di mappe di un libro di Terzani sulla Cina, forse la sua prima, vera lezione di geografia. Partiamo quasi alla chetichella, e con tanti pensieri. Sono triste, un dolore aumentato dalla scomoda posizione di viaggio. Sono stato bene con quella gente semplice, un poco interessata forse. Michelle è con noi. Quasi ringrazio il pezzo di jeepney che si rompe a un centinaio di chilometri da Puerto e che mi permette di stare in piedi per qualche tempo, e ritardare un po' il distacco. A destinazione, ci concediamo un albergo migliore: il Badjao Inn, con doccia calda e buon servizio... Imelda torna a casa, con la promessa di vederci la sera. Sono tosto, e non lascio mai le cose a metà...

Passiamo la giornata in relax. Le visite non tardano: arriva Eddie con il nipotino, poi Giuseppe con Miro, un veronese che vive a Puerto da molti anni e ha un figlio con una Filippina. Il tavolo davanti alle nostre stanze diventa un bar con allegri avventori e discorsi più o meno seri. Di Imelda nemmeno una raccia. Qualche nuvola comincia ad addensarsi sopra la mia testa. Decidiamo di partire alla ricerca di Imelda. Sequestrato un trycicle ci dirigiamo all' indirizzo. E' sera, il driver non conosce la zona. Dopo aver chiesto ad un migliaio di persone senza esito, con un senso di sconfitta torniamo col morale sotto le scarpe. Da Tom Tom c'è poca gente, e il vuoto mi assale mentre osservo Roberto e Michelle giocano a biliardo. Il vuoto è ancora lì quando, al mattino, andiamo con Miro dall'herbolaria, una specie di guaritrice che dovrebbe fare qualcosa per le mie gambe, e anche per il mio spirito. Vichy, la moglie di Miro, mi spiega che non vuole soldi ma solo qualcosa da mangiare, altrimenti perderebbe i poteri, poteri che devono esserci perchè, dopo avermi cosparso di cenere vari punti del corpo, soffiato addosso il fumo di un composto di piume di gallo e altro, dice delle cose sul luogo dove mi sono fatto male che non poteva sapere. Dice anche che una donna mi ha fatto una specia di fattura, e che per annullarla devo ritrovarla e farmi fare un segno della croce con la saliva sullo stomaco. Faccio un rapido scanning delle donne che ho conosciuto nel mio viaggio. L'unica donna potrebbe essere Pinocchia, e allora io, Giuseppe, Michelle, Roberto, Miro e Vichy con Mario, il loro bellissimo e sorridente bimbo, decidiamo di andarla a cercare.

Io non riesco a ricordare la casa e cominciamo a girare in tutti i quartieri vicini. Vedo posti che altrimenti non avrei visto, case sul mare, il quartiere degli “Squatter”. Di Imelda nessuna traccia. Comincio a perdere le speranze e anche il morale. Ho voglia di lasciare perdere, ma non è da me lasciare qualcosa incompiuto. Eppoi, potrebbero esplodermi i piedi. Miro ha l'idea di recuperare Carlito, il driver che mi aveva portato la prima volta, all'aeroporto, e finalmente riesciamo nel nostro intento. Quando la rivedo, la tensione sparisce. Vichy la convince a farmi il segno con la saliva. Imelda mi conduce in casa. Mi alzo la maglietta, lei fa quello che deve e poi mi guarda. Forse sta per scattare la molla ma arriva Roberto per fotografarci. Sarà per un'altra volta. Andiamo a trovare la Gina, una vecchia conoscenza di Roberto che ha aperto un nuovo locale, poi da Miro, vicino al mare. Tra un bicchiere di Tanduay e un piatto di spaghetti approfondisco la conoscenza. Capisco che ama veramente le Filippine, come me tra l'altro. Alla fine mi presta un bellissimo libro in inglese, che parla delle antiche tradizioni e della storia di questo paese. La serata la passiamo in un posto nuovo, dove c'e anche musica, per finirla da Tom Tom, dove un chitarrista suona dal vivo. Di ritorno verso l'hotel perdiamo le ragazze. Mentre Roberto comincia ad insultarmi, e io lo mando al diavolo, le fuggitive ci raggiungono come se niente fosse. Imelda se ne torna a casa per l' ennesima volta, perchè ecc. ecc.

Il mattino dopo devo tornare dall' erbolaria, con Imelda per farmi visitare e recuperare delle foglie speciali di banano per curare le mie povere gambe. Imelda non si presenta, Roberto dorme e alle 6 del mattino mi dirigo all' appuntamento senza dimenticare di acquistare del caffè e del latte come mi aveva consigliato la moglie di Miro. La seduta è interessante. Con le foglie di banano avvolte intorno alle gambe aspetto che si sveglino gli amici. Le foglie funzionano. Vado a cercare Carlito perchè voglio studiare bene la strada che porta a Liberty Road, invitare Pinocchia e anche ad insultarla per non essersi presentata. Sembra contenta di vedermi, e la cosa non può che farmi piacere... che sia la famosa scintilla? Ormai abbiamo solo un paio di giorni prima del ritorno, e comincio a intristirmi al pensiero. Per l' ultimo giorno abbiamo in programma una giornata al mare, con pic nic e varie, organizzata da Choiro. Imelda adduce tutte le scuse possibili e io perdo le staffe mandandola discretamente a quel paese; incazzato nero recupero la prima che mi capita e la invito. Giornata piacevole, con rhum e pesce e le ultime fotografie: ci sono Miro con la famiglia, Giuseppe, e naturalmente noi. Filosofeggiamo fino all' imbrunire. Ho ancora negli occhi le immagini del tramonto, i colori scuri dell'acqua e più chiari delle figure che vi si stagliavano. Sembrava una foto di un bianco e nero irreale. Inizia a piovere per la prima da che sono nelle Filippine, e questo non fa che aumentare la mia tristezza mentre preparo i bagagli.

Dopo una notte senza sogni mi sveglio pronto per la partenza. Le partenze non sono mai felici, e mentre Michelle ci saluta velocemente con le lacrime agli occhi, non posso che continuare a sperare che Imelda venga a salutarmi. Arriva invece Donna, quella con cui avevo passato l'ultima domenica. Almeno è stata gentile. Mentre mi imbarco, guardo fuori dall'aeroporto. Anche quando le ruote si staccano dal cemento della pista spero ancora di vedere quegli occhi nocciola incastonati in un viso dalle fattezze cinesi. Verso i mille metri di quota perdo definitivamente le speranze. Del ritorno ricorderò sicuramente i migliaia di controlli di sicurezza che ci hanno sfiancato per tutte le 30 ore di quel viaggio, e anche Ann, una ragazza cambogiana seduta vicino a noi, con cui abbiamo familiarizzato. Non potevo fare a meno di guardarla mentre dormiva. Aveva un viso che incarnava tutta la dolcezza orientale. Quegli occhi sono l' ultimo ricordo della mia prima volta nelle Filippine mentre la saluto, a Francoforte.

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