Bahamas. Mostro a chi?


Inserito il: 22/02/2013 da Giovanni Rossi Filangieri
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La mattina del giorno dopo ci ritroviamo nella vicina Palm Beach per fare colazione in un enorme bar dal sapore caraibico, con squali e Marlin imbalsamati, scialuppe addobbate e tavole da surf, dove servono ogni ben di dio: salsicce, bacon grigliato, uova, pesce, frutta tropicale. E' quasi ora di lasciare l'albergo e iniziare questa avventura che si preannuncia già difficile in partenza. La sede della "Scuba Adventures" è al n. 216 di Federal Highway, nei pressi di Lake Park Marina. Ci accolgono con grande calore. All'interno è un trionfo di stupende gigantografie subacquee di Jim: per lo più squali, delfini, tartarughe e lamantini. Ricco anche il catalogo di libri da farsi autografare. Completate le registrazioni e tutte le formalità, compilati gli "scarichi di responsabilità" di ben 2 pagine a scrittura fitta (ne conservo una copia per ricordo), compriamo dei regali dal fornito gift shop e qualche attrezzatura mancante. Con gli squali tigre è buona norma di prudenza non indossare colori sgargianti. Jim privilegia il "total black", cioè ogni cosa deve essere di colore scuro, preferibilmente nera. Anche guanti e cappuccio sono obbligatori, non per la temperatura dell'acqua, che è piacevolmente calda, ma perché non bisogna lasciare parti del corpo scoperte (il colore chiaro della pelle ricorda quello dei pesci morti e attira gli squali Tigre). Così, io e Anna acquistiamo un comodo sottomuta di lycra rigorosamente nero, da mettere sotto la monopezzo 3 mm.: ha un cappuccio incorporato che ci evita di dover usare quello più pesante di neoprene. Alcuni di noi ironizzano, ritenendo queste precauzioni un'esagerazione non riscontrata in altri luoghi famosi per le immersioni con i grandi squali tigre, come il Sudafrica o la Polinesia. Tuttavia, non abbiamo scelta e forse è il caso di fidarsi di chi fa immersioni con gli squali tigre da più di trent'anni ed è considerato uno dei massimi esperti di questa specie.

Andiamo alla marina dove eravamo stati la notte precedente e scarichiamo tutte le attrezzature subacquee e fotovideo, nonché gli effetti personali. Ci attendono i collaboratori di Jim, tre in tutto: Matt il vice comandante, Jeff marinaio e sub e Chad abile cuoco, sub, marinaio.insomma un pilastro della spedizione. Apprendiamo con gioia che, nonostante le previsioni meteo, si parte lo stesso. Leveremo le ancore da Lake Park alle 2.00 di notte per minimizzare i problemi del mare grosso; arrivo alle Bahamas stimato per le 9.00 del mattino seguente. Con i grandi carrelli del porto ci aiutano a trasbordare tutto quella che è pesante e non ha rotelle. Mentre Sergio e Marco vanno a Fort Lauderdale a restituire il Van noleggiato a Miami, i restanti membri della spedizione si danno da fare ad imbarcare tutto il materiale subacqueo e da ripresa. E' un gran da fare, poiché tutti i trolley , borsoni e contenitori vari saranno riportati con la Jeep alla Scuba Adventures, in magazzino, dove rimarranno fino al nostro sbarco. Ogni minimo spazio a bordo è dedicato alle immersioni e alle attrezzature da video ripresa e tutto ciò che ingombra viene sbarcato. Così, sistemiamo i pochi effetti personali nelle cabine, l'attrezzatura subacquea sotto i banchi da immersione del quadrato di poppa e quella foto video negli appositi spazi dedicati all'interno della dinette. La Shear Water è davvero una prima donna, in un porticciolo dove ci sono numerose bellissime barche attrezzate per la pesca e le immersioni. Fa bella mostra di sé con il suo scafo azzurro come il mare delle Bahamas e i suoi due grandi squali "tatuati" ai lati della cabina bianchissima. All'interno, la barca è ancora più stupefacente che all'esterno: si respira un'atmosfera da avventura ed ogni piccolo spazio è riempito da straordinarie foto di squali. Persino la botola dei rifiuti è nascosta da una superba foto di un enorme bocca spalancata di Bull shark. La Shear Water ospita di frequente spedizioni scientifiche per sessioni di studio degli squali e si capisce subito che qui si fa sul serio, una barca molto strutturata e spartana che di turistico ha ben poco.

65 piedi (circa 20 metri, dalla poppa alla delfiniera). Doppia plancia a poppa che permette una comoda e veloce risalita a bordo a più sub contemporaneamente, anche con tutta l'attrezzatura indosso (molto salutare con squali in gran numero sempre presenti sotto poppa). Uno spazioso quadrato di poppa con panche e rastrelliere lungo tutto il perimetro (ospita comodamente 12 sub), al centro due vasche con acqua dolce che coperte diventano comode panche per l'attrezzatura fotovideo. Sotto il quadrato di poppa c'è la sala macchine, il compressore (dotato di fruste lunghe che attraverso delle aperture permettono di caricare le bombole direttamente nella rastrelliera), il dissalatore in grado di ottenere una grande quantità di acqua dolce ogni giorno direttamente dal mare e le celle frigorifere per la pastura degli squali. Una scaletta davanti alla porta della dinette porta ad un ampio Flying bridge che è plancia di comando, sala mappe e ha un grande divano-letto per il capitano o la guardia notturna. Dietro la scaletta, assicurati con fasce elastiche, sei grandi bomboloni industriali di ossigeno con relative manichette. Nell'angolo alla sinistra della porta della dinette un piccolo lavabo che nasconde al di sotto un frigo con le bevande (Coca Cola normale o light, limonata, Sprite, acqua liscia o con selz, aranciata etc.) sempre disponibili, fresche ed illimitate (comprese nel prezzo). Sono accessibili attraverso una doccetta dispenser a tasti: ad ogni lettera corrisponde una bevanda. Sulla destra, una sbarra con gli appendini per le mute. Sulle vetrate posteriori della dinette campeggiano grandi foto di squali. Entrando, subito sulla destra c'è un piccolo tavolo con divanetti e, sulla parete, gli alloggiamenti delle attrezzature foto video (9 box con relative "ciabatte" di prese di corrente). Sulla sinistra, vani per attrezzature varie di bordo nonché quello personale di Jim. Subito in basso, una botola di accesso alla sala sotto il quadrato di poppa. Sempre continuando sulla sinistra un grande tavolo con ampi divani; di fronte, una piccola cucina attrezzatissima. Una scaletta porta al ponte inferiore dove ci sono le cabine e i bagni: tre cabine doppie con cuccette a castello ed una grande a prua con 6 posti. Due bagni di discrete dimensioni con cabina doccia ai due lati del corridoio. Dai corridoi esterni o dalla cabina di prua si accede all'ampissimo ponte prendisole che termina con la delfiniera.

Eccoci finalmente a bordo. Verso le 18.00 arriva anche Jim che ci saluta. Conferma la partenza e, purtroppo, anche il mare in burrasca. Prima di lasciarci a Matt, il suo vice, per il briefing sulla barca, Jim ci riunisce tutti attorno al tavolo e ci fa una richiesta: "ragazzi, questa notte si ballerà parecchio, quindi vi chiedo, per la vostra stessa sicurezza, di non uscire per nessun motivo all'aperto. Se qualcuno cadesse in mare di notte, nella corrente del golfo e con queste condizioni, avrebbe scarse probabilità di sopravvivenza. Sotto il tavolo, nella cassetta del pronto soccorso, ci sono due scatoli di compresse contro il mal di mare. Se avete bisogno prendetele". Ci saluta e si ritira in plancia di comando sul Flying Bridge.

La cena viene servita verso le 19.00 e poi ci attardiamo a conversare attorno al tavolo, davanti ad una corposa bottiglia di Rum riserva speciale portata da Enzo, detto "dietmar" o anche "famiglietto". Nonostante la stanchezza, non riesco a dormire e sono ancora sveglio quando sento i potenti motori che si avviano: stiamo lasciando la rada di Lake Park marina per affrontare la traversata nell'oceano. Trascorrono i minuti e gli scossoni diventano sempre più forti finché non capisco che siamo ormai in mare aperto nel mezzo di onde molto alte. Sento un certo vuoto nello stomaco ogni volta che la barca ricade nel cavo delle lunghe onde atlantiche. Fuori è tutto un rumore di oggetti che cadono, che urtano tra loro e di anonimi passi concitati che corrono verso il bagno. Anche Anna sta parecchio male, è sudata e pallida; vomiterà molte volte nel corso della notte. Fortunato me, vinto dalla stanchezza verso le 4 di notte mi addormento e sogni i delfini.

Quando mi sveglio, è tutto tranquillo. Siamo in una rada a Gran Bahama, per le formalità doganali.

Ci tratteniamo una mezz'ora prima di riprendere il mare per il Little Bahamas bank, che si estende per molte miglia ad ovest di Grand Bahama. E' li che siamo diretti, verso una zona particolare del banco dall'evocativo nome di "TIGER BEACH". D'ora in avanti, per tutti i giorni della spedizione saremo sempre in mare aperto, nelle zone abitualmente frequentate dagli squali tigre. Verso le 11.00, Jim ci riunisce insieme all'equipaggio davanti al grande tavolo della dinette per l'atteso briefing sugli squali. Jim vuole che uno di noi traduca tutto in Italiano. Dopo consultazioni, vengo eletto traduttore ufficiale senza stipendio. Mi arrangio alla meglio e confesso che, essendoci due donne a bordo (mia moglie Anna e Tecla, consorte di Antonio), ho spesso edulcorato le colorite e spesso inquietanti espressioni. l briefing è durato molto tempo, ma cerco di riassumere le cose principali che ricordo.     continua "Bahamas. Mostro a chi?"

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