Dune e miniere


Inserito il: 28/11/2007 da Robo Gabr'Aoun
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Il cortile dell’alberghetto dirimpetto all’acquedotto è stracolmo di 4x4 e berlinette a noleggio. Sulla cresta sinuosa del sif che porta alla vetta della duna un esercito di turisti forma una colonna, sembrano formiche visti da lontano, tutti in fila verso la cresta. Le basse dune alla base del massiccio sono anch’esse brulicanti di persone, e corti di ragazzini del villaggio fanno la spola dalle case alle dune, ad offrire ai visitatori i loro souvenir. Un gruppo di dromedari attende accanto all’hotel gli eventuali clienti per la classica cammellata al tramonto, mentre gli autisti locali dei Land di un gruppo organizzato ozia placidamente all’ombra di un grande gazebo di fronde di palma issato nel piazzale polveroso antistante l’ingresso dell’albergo. Entro e mi accordo per la notte: voglio aprire la mia tenda nel campo adiacente l’albergo e cenare in ristorante. Acquisto un po' di viveri. Serviranno per i bivacchi al sud, dove non troveremo strutture di alcun tipo. Ricordo la prima volta che arrivai qui, un inverno di tanti anni fa, e dormii in una delle stanze dell’albergo, assediato da un piccolo esercito di scarafaggi, rinchiuso come in un sarcofago dentro il mio sacco a pelo nel vano tentativo di tenerli a bada… Meglio, infinitamente meglio la mia tenda!

E’ presto, forse il primo pomeriggio quando partiamo verso Taouz. E’ meraviglioso il paesaggio a est di Merzouga: le grandi dune dell’Erg sfilano sulla sinistra, mentre sulla destra si apre la grande pianura pietrosa, spezzata da un paio di piccoli villaggi nei 60 km che separano l’oasi dal posto di frontiera di Taouz. Lontano a sud una catena di alture delimita la spianata ed al termine delle dune un grande oued taglia la pista da nord a sud con una sebkha immensa e polverosa, un letto lacustre di argilla dura come il granito, rotta in migliaia di scaglie essiccate dal sole ardente. Bassi cespugli costellano la depressione, come ad indicare la giusta via. Una scoscesa scarpata risale alla pianura, e basse dune isolate di sabbia color albicocca ingentiliscono il paesaggio. Ci fermiamo ogni poche centinaia di metri, come bambini curiosi, a toccare ogni sasso particolare, ogni pianta, ogni piccolo ed anonimo ammasso di sabbia portata dal vento. Corriamo paralleli ad un immenso branco di dromedari in corsa verso ovest, verso Merzouga: sono centinaia, sono bellissimi! Ecco là in fondo la carcassa del camion, abbandonata da anni, punto di riferimento satellitare su quasi ogni Guida del Marocco edita in Europa…

Ti ricordi quando con Silvione abbiamo fatto la foto nelle lamiere di quel camion? Già, ripsondo, prima di quella mostruosa litigata, la ricordo eccome! E mentre parliamo appare, appena oltre l’altura la torre radio di Taouz, ed il villaggio spunta come un miraggio al fondo della pista ora larga e scorrevole, dritta come un fuso. La sbarra impedisce il cammino: oltre c’è l’Algeria. Siamo assediati dai bambini, anche questa volta feroci nella loro insistenza, nella violenza del loro aggrapparsi a tutto ciò che, sulla mia auto, consenta la pur minima presa. Vorrei fare una passeggiata verso nord, là sul Jebel dove so esserci le pitture rupestri. Vorrei inoltrarmi nelle stradine del villaggio, in questa landa dimenticata, sedermi accanto al pozzo che distinguo in fondo alla stradina che taglia in due l’abitato, camminare nella pianura a sud, dove nasce la grande pista per Mahamid, a scavalcare le montagne ed i valichi di infinite catene fino a raggiungere il oued Draa, ma l’assedio diviene insostenibile, ed i militari del posto di blocco non sono dei più accoglienti. Retrocediamo piano per non investire le decine di bimbi che ora stanno scalciando la povera Camilla. Sento le piastre da sabbia sbattere ritmicamente sulla fiancata: un piccolo demonio sta tentando inutilmente di svellerle. Mentre giro le ruote verso ovest vedo un gruppetto di ragazzini chino, a raccogliere sassi: già, il tiro al viaggiatore, lo sport nazionale. E’ decisamente ora di andare. Do gas con decisione e le ruote posteriori sgommano alzando un nuvolone di polvere densa, una vera e propria cortina che investe il piccolo esercito mentre Camilla scodinzola sul terreno cedevole scattando verso la pista. Mi sento un po’ Diabolik, io e la mia cortina fumogena, e mi viene quasi da ridere. Solo quasi, perché un paio di tonfi sordi sulle lamiere segnalano l’inizio dei "tiri d’artiglieria". Ma chi diavolo è che ha scritto su quella rinomata Guida al Marocco che è vivamente consigliato farsi una tranquilla passeggiata a Taouz?     continua "Dune e miniere"

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