Viaggio in Thailandia


Inserito il: 19/11/2007 da Franco Lupoli 
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Il giorno dopo, tuffo nei mercati. Ce ne sono a decine, in viuzze maleodoranti, per chilometri e chilometri. Belli, colorati, puzzolenti. Incroci gente di tutti i tipi, ma vera. Indescrivibile comunque. Lo spazio è poco, ma niente spintoni. Niente vociare scomposto. Tanti sorrisi: guardi qualcosa ti sorridono. Le foto non rendono. Come i documentari. Ne ho visti a decine sulla Thailandia, ma quando sei qui è tutto estremamente diverso da come te l’eri immaginato. Il famoso mercato galleggiante mi è invece sembrato finto, per turisti, così me ne sono allontanato subito.

Lascio Bangkok per Chang Mai, nel nord, nel famoso trangolo d’oro. Seconda città della Thailandia, a 700 chilometri dalla capitale, 160 mila abitanti contro 12 milioni, più povera, però 300 templi, cortesia, prezzi ridicoli. Ventimila per l’albergo, cinquemila per venti minuti di taxi. Faccio due escusiononi: una al Wat Doi Suthpet, forse il più famoso tempio buddhista della Thailandia, l’altra al Doi Ithanon, la cima più alta della Thailandia, che si raggiunge su strada asfaltata. Paesaggi diversi, foresta tropicale, turisti giapponesi. Sul pulmino che ci ha portato sembrava una barzelletta: due tedeschi, due francesi, due svedesi, due thailandesi e un italiano. Alla sera vado al mercato notturno del falso: soliti orologi, capi d'abbigliamento firmatissimo, qualche oggetto di artigianato. Colorato, ma i mercati di Bangkok, quelli frequentati dalla gente del luogo, sono stati un’altra cosa.

Ci sarebbero altre cose interessanti da vedere nei dintorni, ma in soli sette giorni non si può fare tutto. Parto verso Phuket, nell'estremo sud della Thailandia, a meno di cinquecento chilometri dall’equatore. Posto di mare, molto bello ma anche molto turistico. Bel mare, pulito. Caldo in modo impressionante. Mi ritrovo in mezzo ad orde di tedeschi e scandinavi, e qualche italiano. Non trovo però folle, se non di sera nei noti posti dove vengono offerte note specialità, come a Patong. Una gita in motoscafo mi porta a visitare diverse isole da cartolina, con soste in baie dai fondali di corallo, con pesci multicolori. Mi tuffo di continuo nell’acquario, ma è un peccato andare così di fretta. Di sera torno nel posto delle specialità. Sembra di essere in un alveare cosparso di miele. Mi sono fermato a bere qualcosa in un bar. Non dico cosa non è successo: le hanno provate tutte, ma alla fine (anche se è stata dura) sono riuscito a deludere le speranze delle api operose. Il giorno seguente faccio l'ultimo giro sulla spiaggia di Kata, poi alle cinque un taxi mi viene a prendere per portarmi in aereoporto. Ahimè, tutto finito.

Questa la mera cronaca, però l’essere in un posto così ricco di cultura, di cose da vedere, in capo al mondo, da solo è stata un'esperienza veramente unica. Con chiunque altro non sarebbe stata la stessa cosa, non mi sarei sentito così a contatto con la gente e con il posto. Ovviamente l’appetito vien mangiando, e già sto pensando a dove andrò la prossima volta, forse in Guatemala.

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