Un treno nella giungla


Inserito il: 29/02/2004 da Anna Esposito
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Da queste parti il cielo è così limpido da sembrare distillato. Tutto intorno si sente l’odore del mirto delle paludi e dell’erba profumata di timo. I bambini del kampung, villaggio, giocano col fiume e si tuffano felici nell’acqua giallognola lanciandosi da grossi rami per poi rincorrersi in mezzo alle mangrovie. La gente Murut - dai marcati lineamenti mongoli - abita nelle longhouse, che vuol dire casa lunga . In una ci vive tutto il villaggio, una camera per ogni famiglia. In fondo alla grande veranda comune, lunga fino a trenta metri, si trova la stanza dei morti: al centro un giaciglio di legno e stuoie per il defunto, e appesi al tetto le teste di antichi nemici in ricordo delle vecchie usanze guerriere.

Tutta la vita del kampung si basa su vincoli di parentela, sulla solidarietà e il sostegno reciproco. Nonostante la maggior parte della popolazione malese segua devotamente l’Islam, nei villaggi sparsi nella giungla del Borneo ogni cosa è ancora regolata da credenze spirituali e norme sociali dette adat, una sorta di diritto consuetudinario che dà grande importanza alla vita collettiva. Non appena il sole comincia a declinare e a diffondere la sua luce morente, racconta un’anziana, ogni cosa intorno alla longhouse prende ad animarsi, e mentre il buio avvolge tutto ciò che incontra, la vita nella giungla si risveglia e di colpo si sentono distintamente i versi degli animali che escono a cacciare. I Murut, allora, come fanno da sempre, si raccolgono intorno al tremulo fuoco di legna sotto migliaia di lucciole che sfavillano come galassie tra le fronde degli alberi.

Sembrano entità accovacciate per aria intente ad ascoltare antiche storie di spiriti e di eroiche battute di caccia.

Le tribù del Borneo- usanze e credenze.
La popolazione di Sabah e Sarawak , le due regioni settentrionali dell’isola del Borneo, conta circa 25 gruppi etnici diversi. Gli Iban ( circa 395.000), denominati Dayak del mare dai primi europei che giunsero nella regione per la loro abitudine a fare scorrerie lungo i fiumi, costituiscono la più importante tribù del Sarawak. Un tempo fieri cacciatori di teste, oggi vivono di agricoltura e pesca nelle longhouse lungo i fiumi.

I Bidayuh (circa 107.000, secondo gruppo per importanza) abitano invece nella zona attorno alla città di Kuching. Tra i gruppi minori, corrispondenti al 5% della popolazione del Sarawak, particolare importanza riveste quello dei Penan. Si tratta di una tribù di semplici cacciatori - raccoglitori che per vivere si affida totalmente alla foresta. I Penan, così come altre tribù, disboscano piccole zone della foresta che coltivano per ben due stagioni, consentendo così agli alberi di ricrescere. In questo modo rispettano la natura e si riforniscono del necessario. Tutto questo viene però vanificato dal disboscamente selvaggio e senza scrupoli che grandi industrie del legname portano avanti da decenni.

Per quanto riguarda il Sabah, il gruppo principale è quello dei Kadazan (circa il 25% della popolazione), stanziato nella parte occidentale del paese. Questa tribù di agricoltori vive nelle longhouse e si è convertita al cristianesimo e all’Islam. La seconda etnia è quella dei Bajau, divisi tra la parte nord-occidentale dello stato e quella a sud-est. In origine pirati del mare del Sulu, oggi si dedicano all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Infine ci sono i Murut, circa 40000 persone, quasi tutti agricoltori, che abitano nella zona sudoccidentale di Tenom. La vita di tutti i villaggi nonostante le forti influenze del fondamentalimo islamico e del pensiero occidentale, oltre a basarsi su vincoli di parentela è regolata dall’adat, una sorta di diritto consuetudinario, e da norme spirituali che si fondano sul culto degli spiriti, della magia e del keramat (santo).

Tutti al kampung si sostengono reciprocamente e si preoccupano di salvaguardare l’armonia e la giustizia. Il capo villaggio, eletto per la sua ricchezza, esperienza e saggezza spirituale, è il garante dell'armonia.

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