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Africa. TransAfrica 2002 in moto


Inserito il: 09/11/2007 da Nicola Chiacchio
Email: maktuub2004@yahoo.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Nicola+Chiacchio
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Le onde si infrangevano impetuose su un’irreale superficie trasparente, che deformava il mondo esteriore rendendolo grottesco ed inquietante. La massa viscosa ed abominevole era di un colore rosso sangue e amplificava il terrore dello sfortunato essere, che cercava invano di divincolarsi dalla morsa dei flutti. L'agitazione frenetica ed inutile si interrompeva a volte per cedere il passo alla rassegnazione, ed il corpo inerte restava sospeso nel limbo rossastro che lentamente lo attirava verso fondali sconosciuti. Poi, quando oramai tutto sembrava perduto, un enorme occhio venato di sangue apparve all'orizzonte. Forse conscio dell'approssimarsi della fine, di una fine ancor più mostruosa, il corpo ricominciò ad agitarsi in preda ad una frenesia disperata, accelerando la sua lenta discesa agli inferi. Il liquido oramai aveva quasi sepolto le sue membra impregnate e gonfie. In un ultimo momento di coscienza il disperato vide un'orribile superficie rugosa avvicinarsi lentamente, immergersi con delicatezza nell’abominevole mare che lo stava uccidendo e cominciare ad impregnarsi a sua volta, diventando rossastra.

L'oggetto si dirigeva dolcemente verso la vittima predestinata increspando la superficie acquosa, facendo dondolare il suo corpo esausto. I suoi occhi si chiusero in uno spasmo estremo di dolore per riaprirsi dopo qualche secondo. Egli si trovava avvinghiato allo strano oggetto, di cui intravedeva solo la parte terminale, di forma conica, ricca di striature di natura inspiegabile. La massa rossastra e la gabbia trasparente che si erano trasformate in una prigione mortale erano in basso, mentre una forza misteriosa sospingeva l'estremità dell'oggetto, a cui era praticamente incollato dai residui di liquido colloso, verso l'alto. Un rumore infernale ruppe il sibilo del vento che sembrava voler rianimare le sue membra, e il sole riapparve. Una scossa violenta ed improvvisa catapultò l'essere su una nuova superficie, questa volta verde e frastagliata, e pertanto non completamente ignota. Il suo corpo indolenzito ed ancora fradicio cercava di riacquistare la postura che gli era familiare, ma i residui della massa rossastra rendevano il movimento dei suoi arti difficile e lento. Fu allora che egli rivide l'occhio orribile per l'ultima volta. Dopo qualche istante, un nuovo fragore sanciva la scomparsa della serie di orribili apparizioni, e mentre il sole lentamente asciugava il suo corpo vide che non era solo, ma altri suoi simili incuranti della sua tragedia perpetuavano le frenetiche attività cui ricordava di essere dedito prima della sua sventura.

Il problema é che da qualche tempo mi piace sorseggiare qualche bicchiere di vino rosso nel primo pomeriggio. Mi aiuta a dimenticare le grida di disperazione che troppe volte mi é capitato di intendere durante i miei sei mesi in Africa e il silenzio ancora più assordante degli sguardi di coloro che oramai non attendevano che la morte, sperando di poter trovare almeno nella propria fine una sorta di dignità altrimenti sempre negata. Avrei potuto bere anche questo bicchiere senza applicarmi al certosino salvataggio di un malcapitato moscerino caduto per caso nel mio terzo bicchiere di Aglianico, ma per una volta ho deciso di proiettare i miei fantasmi di pazzo loico su un'esistenza a me tanto estranea ma non per questo meno affascinante.

Sapevo che il problema non sarebbe stata la partenza, ma il ritorno. Da quando sono tornato nulla é più come prima. Eppure, prima di questi sei mesi in Africa in compagnia della mia noia e della mia malcelata indifferenza ai "pericoli" che inevitabilmente un motociclista solitario attira, avevo affrontato altre sfide che sembravano al limite della follia: Iran, Pakistan, India, Nepal… sempre da solo... sempre in moto... ma mai mi era capitato di tornare alla mia piccola normalità cosi profondamente trasformato. O forse non é che il ricongiungimento alla mia vera essenza, come se solo l'Africa avesse avuto la forza di scrollarmi di dosso, con la bonaria compassione di un gigante semiaddormentato, tutti i polverosi veli con i quali la mia protocultura occidentale aveva cercato di separarmi, forse per difendermi, dalla parte più segreta di me.

E tutto adesso mi sembra meraviglioso, unico, irripetibile.

Ogni episodio di quei straordinari sei mesi che dal mio anonimo paesotto del napoletano mi hanno proiettato in Sud Africa fino a farmi espellere dal Congo assume ai miei occhi un valore indescrivibile, nulla a che vedere con gli aneddoti che ci si ritrova a raccontare al bar all'angolo con falsa modestia o alle foto da mostrare agli amici. No, niente di tutto questo, ma il valore di una chiave che finalmente ti permette di penetrare nel linguaggio segreto dei fiori e delle cose mute.

Mi sembra ieri, potrebbe essere stato ieri, quando mi ritrovai sul traghetto tra Aswan (Egitto) ed Wadi Halfa (Sudan), una nave carica all'inverosimile dove passai una notte ad ascoltare canti nubiani che riempivano dolcemente il silenzio di una natura che mai avevo percepito cosi selvaggia e vera. Il pasto offerto con il biglietto era più di quanto il mio stomaco di occidentale, ancora poco uso alla cucina africana a cui peraltro mi sarei presto abituato, potesse sopportare e con invidiabile regolarità ero costretto ad andare al bagno, una specie di buco senza luce eternamente affollato da una orda di disperati... Le ultime energie le avevo spese per caricare la moto sulla nave eppure, in un contesto dove tutto sembrava dovermi spingere allo sconforto, mi divertivo con l'indecente spensieratezza di un bambino ad osservare come i fedeli mussulmani, che avevano disposto tappeti dappertutto per pregare, fossero costretti a cambiare di direzione per compensare gli spostamenti della nave, costretta a girare anche di 180 gradi per seguire le anse del fiume. Tutto, in Africa, era assurdo o forse semplicemente troppo diretto, per noi occidentali che siamo abituati ad una sorta di parcellizzazione dei sentimenti legata ad antiche consuetudini sociali.     continua "Africa. TransAfrica 2002 in moto"

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