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India. Calcutta! La mia esperienza


Inserito il: 07/11/2007 da Federica Bianchi
Email: kikka117@yahoo.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Federica+Bianchi
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Calcutta... Non so come mai nel luglio 1998 ci ho pensato. Forse un fortissimo desiderio di India, di India vera non modificata dal turismo, o forse l'insoddisfazione che accompagna la nostra vita di ogni giorno, sempre scontenti nonostante abbiamo di tutto anche il superfluo... Non volevo fare un viaggio organizzato, ma nello stesso tempo non volevo partire sola. Paura di non farcela... Decisa ad appoggiarmi ad una delle tante organizzazioni di volontariato che operano a Calcutta, il consolato indiano di Milano mi ha messo a disposizione decine di libri da consultare per decidere quale. Sfogliando uno di questi libri, un fogliettino di carta a quadretti scritto a mano caduto a terra riportava l’indirizzo della Casa Madre di Madre Teresa a Calcutta. Il caso aveva scelto per me.

Sono partita a febbraio, con Cristina, una mia ex compagna di scuola ed amica. Come descrivere l’impatto con la città? Su una guida tempo fa lessi “Calcutta, un violento ed inaspettato pugno nello stomaco...", e così è stato, ma dentro di noi abbiamo scoperto un’inaspettata e sconosciuta forza che ci ha fatto immediatamente reagire. Abbiamo trovato l'alloggio per le due settimane che ci aspettavano ed il giorno dopo siamo andate in Casa Madre per la registrazione dei volontari. Quando è arrivato il nostro turno, ci hanno chiesto dove avremmo preferito lavorare: bimbi orfani, bimbi abbandonati, bimbi denutriti, bimbi con handicap, moribondi, malati di tubercolosi, di epatite, malati di mente... Quella dei bambini sembrava la situazione più sopportabile, per cui abbiamo optato per i bimbi denutriti e con handicap, a Shishu Bavan. Cristina vi avrebbe trascorso due settimane, io un giorno soltanto, i miei programmi modificati dall’incontro con una volontaria italiana che mi ha convinta a provare a Prem Dan, un ricovero/ospedale, sempre gestito dalle suore, dove curano malati di mente, moribondi recuperati anche dalla spazzatura, infermi, malati di TBC. Loro avevano ancora più bisogno di aiuto perché i volontari preferiscono scegliere i bambini e non gli adulti.

Sono finita in una struttura buia, in passato sede di un’industria chimica inglese, tutta in cemento: pareti e i pavimenti erano grezzi, poche fonti di luce, soffitti molto alti, i letti in ferro, i materassini sottili... La struttura ospitava circa 150 pazienti. Non sapevo cosa fare, dove andare, cosa dire. Avevo paura di quello che vedevo, delle medicazioni, delle piaghe, dell’odore e delle malattie concentrate lì dentro. I sorrisi delle volontarie, delle malate, ma soprattutto Bruna e la sua simpatia, mi hanno tranquillizzata, almeno in apparenza.

Finita la prima giornata di prova, il mattino seguente non sono riuscita ad alzarmi dal letto… Ho vomitato per almeno 8 ore. Qualsiasi cosa provavo a bere o a mangiare non riusciva a stare nel mio stomaco. Preoccupatissima di avere preso qualche brutta malattia, è stata Bruna a risollevarmi spiegandomi - col suo accento veneto ed un bel sorriso - che era una normale reazione a tutto quanto avevo visto, uno shock che può manifestarsi in molti modi diversi. E' stato così perché il mattino dopo ero in ottima forma e non vedevo l’ora di darmi da fare.     continua "India. Calcutta! La mia esperienza"

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