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Belgio. Grote Markt. Le mani rubate


Inserito il: 07/11/2007 da Miriam Bendìa
Email: mry.miriam@libero.it
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Quando ero bambino mi capitava alle volte una cosa molto strana: all’improvviso una parola di uso comune, da me sempre compresa, perdeva di significato ed io non riuscivo più a collegarla all’oggetto a cui apparteneva. Terrorizzato dal senso di vuoto mentale che mi assaliva, mi sforzavo di risalire alla sua provenienza. Il più delle volte, con molta fatica, riuscivo a rimettere insieme i pezzi del puzzle, ma in molti altri casi restavo preda del dubbio e dello smarrimento, chiedendomi quale era la porta e quale invece la finestra. Sarà a causa di tali paure che crescendo è nata in me la passione di studiare l’origine di ogni vocabolo conosciuto. Il greco e il latino mi hanno aiutato in questo sforzo, nonostante i rimproveri di mio padre il quale sosteneva che al liceo classico non avrei appreso nulla di utile per la vita e sarei diventato un disoccupato fallito. Eppure una cosa le l’ha insegnata: l’arte di pensare.

Oggi per fortuna non mi accade più di smarrirmi nell’oceano delle vocali e delle consonanti. Sono ormai in grado di trovare quasi sempre una via d’uscita dal dubbio e dalla paura. Il gioco comunque continua all’infinito per cui ora che scopro una nuova città non posso fare a meno di chiedermi quale sia l’origine del suo nome: Anversa.

Purtroppo il fiammingo non è il mio forte, sarò costretto a chiedere aiuto a qualcun altro. Pensavo fosse un’idea originale quella di sedersi in un angolo della piazza più importante del centro storico, Grote Markt, atteggiandomi a grande pittore intento all’osservazione e alla ricerca di nuovi soggetti. A quanto pare invece qualcuno sicuramente più modesto di me ha avuto la stessa idea.

Al centro della piazza sorge un’incredibile fontana che, se non fossi stato concentrato solo sulla mia vanità arrogante, avrei notato prima. Un anziano signore si è seduto poco distante da essa e la sta ritraendo. Poggiato su una vecchia sedia pieghevole, sposta lentamente lo sguardo dal marmo nero al foglio bianco, guidando dolcemente e sapientemente le grosse dita strette attorno al carboncino. Indossa un pesante cappotto blu, logorato dal tempo, ed un basco nero. Una lunga barba bianca circonda il volto roseo ma segnato da profonde rughe, formando quasi una candida aurea insieme ai capelli, anch’essi piuttosto cresciuti. Sembra un po’ il fratello povero del nostro Babbo Natale. Attraverso le lenti di piccoli occhiali rotondi crea i suoi delicati capolavori: un semplice filo di matita che passa e ripassa sulla carta immacolata e con il suo complicato intreccio crea immagini quasi vive. Poggiato a terra un bastone di legno, lo aiuterà nel camminare. Alla sua sinistra uno di quei colorati carrelli che le signore di una certa età usano per fare la spesa. E’ stracolmo di tele e fogli da disegno, come quelli che ha già riempito.

Lì dentro custodisce il necessario per disegnare.

Deve essere pesante da trascinare quel vecchio carrello, temo non lo aiuti nessuno a portarlo!

La statua che ne ha attirato l’attenzione è decisamente particolare: raffigura un giovane nell’atto di gettare via un’enorme mano. Il ragazzo si erge su una confusa montagna di corpi alla cui base è disteso un gigante morente. In effetti, a guardarla meglio, la spaventosa creatura è senza una mano: la stessa che l’uomo sta lanciando in aria. A differenza delle altre fontane che ho visto finora, questa non ha alla base una vasca che ne raccolga l’acqua. La statua del gigante parte praticamente dal piano stradale e i numerosi schizzi che fuoriescono dalle figure ricadono giù fin sulla stessa piazza a bagnarne le pietre. Viene quasi voglia di tuffarsi sotto quel getto leggero e stupire i passanti con un inusuale bagno. Una comitiva di studenti infatti inizia a giocare e aprendo gli ombrelli si fa fotografare dalla professoressa al centro della innaturale pioggia. Ancora una volta non posso fare a meno di interrogarmi sull’origine della bizzarra composizione. Ne chiedo infine la spiegazione al disegnatore, sperando di non disturbare la sua ricercata solitudine.     continua "Belgio. Grote Markt. Le mani rubate"

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