Canada. La famiglia De Vries


Inserito il: 02/11/2007 da Alberto Angelici
Email: albe@iol.it
Sito web: http://www.viaggiatorionline.com/profile.asp?id=Aziza
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Fuori è buio pesto, ovviamente, e la luna appare a tratti tra nuvoloni corsaioli che riesco solo ad intuire nel nero di un cielo ancora notturno. Sono quasi le sei ed io sono già al tavolo di lavoro. Ieri sera sono andato a letto così presto che le galline si saranno chieste se per caso non stessi male.

Lungo sonno fino alle cinque e mezzo ma ora sto bene e ho pensato di approfittare della pace che regna qui attorno per inviarvi un ricordo di quando vivevo in Canada. Sì, una grande e molto formativa esperienza, quella. Avevo 25 anni, quando partii dall'Italia, stanco di una situazione ambientale che non riuscivo più a sopportare (disservizii, scioperi continui e ovunque, malcontento, menefreghismo, ecc). Volevo solo scappare in un Paese in cui quei principi morali e civili che ritenevo indispensabili fossero ancora in vita, dove la gente sapesse ancora avere rapporti interpersonali caldi e spontanei e veri, un Paese in cui il governo sapesse far funzionare le cose e in cui ci fosse ottimismo e fiducia nel futuro.

Il Canada era (ed è) tutto questo e molto di più. Un Paese sterminato e dotato di ogni possibile ricchezza. Una natura meravigliosa, che ti permetteva di vivere a contatto con essa allontanandoti appena di pochi km dalla città. Andai a vivere in una zona rurale nei pressi del lago Ontario. Chatham si chiamava la cittadina, ma io stavo a 5 km dall'abitato, tra fattorie ben tenute e prati verdissimi simili a quelli dei campi da golf. Casette tutte di legno di uno o due piani, bianche e con il tetto verde e grandi barns ( i fienili) rosse con il tetto nero. oppure leziose costruzioni dell' ottocento con eleganti bow windows e le banderuole sul tetto. Una campagna ricca, ove la grande fertilità di un suolo di origine lacustre permette la coltivazione di qualunque cosa, dal tabacco ai pomodori, dalla soia alle fragole, al mais. Un terreno scurissimo detto brown soil, soffice e ricco di humus.

Lì conobbi tanta gente simpatica e lavoratrice. Gente di origine nordica, per lo più olandese, svedese e danese. Non lontano da casa mia viveva una famiglia di olandesi. Oltre ad una bellissima farm avevano un piccolo allevamento di mucche da latte e un orto così meraviglioso (se ne occupavano i due nonni) da sembrare un giardino. Il giorno dopo il mio arrivo, suonò il campanello verso le 17. Era La moglie, una signora bionda e lentigginosa dal nasino all' insù e un dolce sorriso che invadeva il viso intero. Mi portò una grande torta, il benvenuto al nuovo vicino di casa.

Per loro tutto questo era normale educazione, qualcosa di dovuto a chi gli era venuto ad abitare accanto, e lei si meravigliò della mia meraviglia. Aggiunse che se avevo bisogno di qualcosa, bastava che facessi una voce. La sua era una grande famiglia, con cinque ragazzoni grandi e grossi, una ragazza identica alla madre e i genitori di lei. Feci il tea e lo sorbimmo compunti e ambedue sorridenti, poi lei scomparve in una nuvola di profumo fatto di pulito e sapone da bucato. Aveva tante cose da fare.     continua "Canada. La famiglia De Vries"

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